Economia

L'ombra della Russia dietro la criptovaluta di Stato venezuelana

Maduro ha lanciato il Petro, che vale quanto 1 barile di greggio, per sottrarsi all'"imperialismo americano". Ma secondo il Time ci sarebbe alle spalle un disegno di Mosca, che sta testando la moneta virtuale prima di inaugurarne una propria

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MOSCA - Dietro al petro, la criptovaluta lanciata dal Venezuela per aggirare le sanzioni finanziarie varate dagli Stati Uniti, la prima moneta virtuale battuta da uno Stato, ci sarebbe una joint venture tra Caracas e Mosca. Lo ha rivelato un'inchiesta di Times. Messo in vendita martedì 20 marzo, Petro era stato presentato lo scorso 20 febbraio durante una cerimonia nel palazzo presidenziale di Caracas. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro aveva descritto la moneta virtuale come una sorta di "criptonite" contro lo strapotere degli Stati Uniti che aveva chiamato ironicamente "Superman". A ogni petro, aveva spiegato sempre Maduro, corrisponderebbe il valore di un barile di petrolio. Il presidente aveva poi annunciato che il Venezuela emetterà 100 milioni di petro sperando di raccogliere circa sei miliardi di dollari.

Per tutta risposta, lunedì 19 marzo, alla vigilia della vendita, il presidente statunitense Donald Trump ha firmato un nuovo ordine esecutivo: chiunque comprerà o userà la nuova criptomoneta violerà le sanzioni, si legge nel documento. Per il Time è per questo motivo che i russi coinvolti nell'operazione sarebbero rimasti nell'ombra.

Alla cerimonia del lancio del petro erano presenti due consiglieri russi, Denis Druzhkov e Fjodor Bogorodskij, ringraziati dal presidente Maduro per l'aiuto nel combattere "l'imperialismo americano". Entrambi, secondo Time, avrebbero legami con banche russe e miliardari vicini al Cremlino. Druzhkov avrebbe lanciato una società di transazioni su Internet chiamata "Zeus Exchange" insieme a Serghej Litvin, collezionista d'arte che siede nel cda di Stroytransgaz, controllato dal miliardario Gennadij Timchenko. Bogorodskij, invece, è un ex dirigente di numerose banche russe che, trasferitosi in Uruguay intorno al 2009, sarebbe diventato un ambasciatore informale della cultura russa in America Latina.
 
Secondo Time, anche il ministero russo delle Finanze sarebbe coinvolto nell'operazione benché, interpellato dal magazine, abbia smentito. Il ministro delle Finanze venezuelano Simon Zerpa avrebbe infatti incontrato il suo omologo russo Anton Siluanov avvenuto a Mosca proprio all'indomani della cerimonia ufficiale. A provarlo ci sarebbero le foto pubblicate su Twitter. Con tanto di commento: "In questa riunione abbiamo discusso la cooperazione economica e finanziaria tra i nostri Paesi con enfasi sulla nuova cripotovaluta venezuelana: El Petro".
 
L'aiuto russo, sempre secondo la ricostruzione, non sarebbe disinteressato. Da tempo Mosca sta valutando il lancio di una moneta virtuale di Stato: il "criptorublo". Ma invece che correre da subito il rischio di compromettere la propria valuta, avrebbe incoraggiato l'alleato venezuelano a fare da cavia e lanciare l'esperimento. Tanto Caracas, con il valore del bolivar già decimato, non ha nulla da perdere.