Economia

Ministri economici a Palazzo Chigi a caccia di risorse. Ma per ora prevale le "linea Tria"

Vertice Conte, Tria, Moavero, Di Maio e Giorgetti. Per il momento avanti con la posizione prudente tracciata dal ministro del Tesoro, con la richiesta di nuova flessibilità a Bruxelles. Savona protagonista: arriva e esce da solo e a piedi

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ROMA -  “Abbiamo parlato di tutto”. Paolo Savona esce dal portone principale di Palazzo Chigi dopo il vertice di tre ore con il presidente del Consiglio e i colleghi dei dicasteri economici, muto come un pesce e fermo come una pietra. “Sono specializzato in silenzio”, aveva detto prima della Festa della Repubblica nel mezzo delle polemiche e mantiene fede alla consegna. E’ l’unico dei ministri che hanno partecipato al summit ad affrontare il muro dei giornalisti: forte del suo mutismo. E forse è ormai consapevole di essere una sorta di uomo-bomba: viste le sue deleghe forti e blindate al ministero degli Affari europei “modello Moavero” basterebbe un suo starnuto o un sopracciglio alzato a far schizzare lo spread e mandare in tilt in mercati. Lui lo sa e tace: almeno fino a stasera quando presenterà il suo libro con l’economista di Leu Stefano Fassina (ex sinistra Pd)  e Giorgio La Malfa. Una strana coppia? Solo per chi non ha seguito cosa è accaduto negli ultimi anni: in pochi ricordano la partecipazione di La Malfa nel novembre del 2015 al Quirino, in platea, alla manifestazione di Sinistra italiana. “E’ diventato comunista?”, si chiesero alcuni siti. In realtà era il movimento critico con l’austerità e l’Europa “cattiva” che cominciava a mostrare i primi segni di aggregazione.

E gli altri? Il ministro degli Esteri Moavero si è dileguato e lo stesso ha fatto il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Di Maio e Salvini, che si è aggiunto, hanno proseguito trasformandosi in un summit per la scelta dei sottosegretari. Al momento è possibile valutare quanto si siano detti i ministri economici sulla base di alcune indiscrezioni che sembrano ispirate alla linea Tria, molto simile a quella del “sentiero stretto” di Padoan: giù il debito e richiesta di flessibilità all’Europa. Lavorare con il debito sulla base dell’avanzo primario lasciato solido da Padoan e chiedere flessibilità a Bruxelles, sarebbe una buona strada.

Bisognerà tuttavia considerare che i tassi stanno salendo e che lo spread a quota 250 significa, se non ci sarà una vera retromarcia, che i mercati prezzano il nostro rischio-paese 100 punti in più a quanto si pagava prima del passaggio elezioni-formazione del governo. Quanto alla flessibilità: bisogna considerare che abbiamo già avuto 30 miliardi di sconti sul deficit negli ultimi anni e che Bruxelles la vuole in cambio di riforme. Resta da notare, almeno al momento, che dei grandi interventi, dalla flat tax, al reddito di cittadinanza, alla legge Fornero, che hanno fatto consumare le batterie delle calcolatrici degli economisti in campagna elettorale, non si sa nulla. Almeno nella mattinata. Se così fosse: bisognerebbe dirlo agli elettori del Nord che si aspettavano meno tasse dalla Lega e a quelli del Sud che già facevano la coda per l’assegno di cittadinanza. Calata la polvere, resta la caccia alle risorse per scongiurare un drammatico aumento dell’Iva e per dare almeno un piccolo colpo d’avvio alla ripresa che affanna.