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Guerra dei dazi, affondo da 200 miliardi contro la Cina: Trump tassa prodotti alimentari e tabacco

Il presidente Usa, Donald Trump (ap)
Si riaccende la contesa. Pechino: "Sta danneggiando il mondo e l'America". Critiche anche dai repubblicani: "Mossa avventata, qui non si tratta di brevetti"
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NEW YORK - L'escalation nella guerra dei dazi che il presidente americano Donald Trump aveva annunciato la settimana scorsa potrebbe rinfocolarsi già stanotte. Nonostante Trump sia appena sbarcato in Europa, fra poche ore impegnato in quel vertice Nato che si annuncia già molto complicato, gli Stati Uniti si preparano a un nuovo affondo contro i cinesi: pronti ad annunciare una nuova lista di prodotti da tassare, questa volta al 10 per cento, per un valore complessivo enorme, di circa 200 miliardi di dollari. Dazi che, se confermati nelle prossime settimane, andrebbero dunque ad aggiungersi alle tariffe del 25 per cento imposte da Washington su 34 miliardi di importazioni cinesi entrate in vigore venerdì scorso. Affondo al quale subito dopo la Cina ha risposto tassando 545 prodotti americani, quasi tutti agricoli.

Dura la reazione di Pechino che accusa gli Stati Uniti di "danneggiare" il mondo. "E' decisamente inaccettabile che gli Stati Uniti pubblichino elenchi di tariffe con un aggiornamento accelerato. Esprimiamo una solenne protesta. Il comportamento degli Stati Uniti danneggia la Cina, il mondo, e loro stessi", si legge in una dichiarazione del ministero del Commercio in cui si sollecita anche la comunità internazionale "a salvaguardare le norme del libero commercio e il sistema commerciale multilaterale".

A diffondere la notizia è il sito finanziario Bloomberg citando fonti governative. Ed è confermata da alcune dichiarazioni riportate da Fox News fatte da Robert Ligthizer, il rappresentante per il commercio estero, che ha definito le nuove tariffe: "la risposta alla rappresaglia cinese e alla loro incapacità di cambiare le loro pratiche. Una risposta appropriata che servirà a eliminare le dannose politiche industriali cinesi". Se i dazi precedentemente imposti dagli amricani riguardavano quasi esclusivamente prodotti industriali, giustificati anche con una guerra dei brevetti che di fatto la Cina costringeva a cedere, il nuovo elenco mira a tassare il mercato alimentare: e comprenderebbe infatti frutti di mare, verdura, frutta, cereali e tabacco.

Le prime reazioni sono di sconcerto, anche da parte repubblicana. Il presidente del Comitato delle finanze del Senato Orrin Hatch, veterano del partito dell'Elefante visto che è membro de Congresso fin dal 1977, si è detto sgomento: "Ho sostenuto gli sforzi dell'amministrazione quando ha colpito la Cina per combattere la questione di copyright e il modo in cui si appropriavano dei nostri brevetti. Ma l'annuncio di stasera mi sembra avventato". Per poi proseguire: "Se è vero che non possiamo chiudere un occhio sulle pratiche commerciali cinesi, quest'azione non apre a futuri negoziati".

Ma il presidente Trump proprio non sembra intenzionato a mollare il braccio di ferro commerciale che da tempo ha già minacciato di voler tassare in todo per un totale di 550 miliardi, anche a costo di mettere a rischio l'economia americana che invece in questo momento vola alto. Ancora una volta la visione global del presidente parte dai suoi interessi locali: Trump infatti ritiene il deficit commerciale con la Cina (375 miliardi che lui vuol portare a 200) sia penalizzante per gli Stati Uniti, e soprattutto per gli stati che rappresentano lo zoccolo duro della sua base, dalla Pennsylvania al Michigan. Con buona pace dei commentatori televisivi che da ore si susseguono su Cnn, affermando che ancora una volta The Donald si comporta con la Cina con la stessa spudoratezza con cui in passato affrontava i rivali commerciali sul mercato immobiliare di New York. Peccato che se non si troverà una soluzione negoziale e si proseguirà con le vendette, le conseguenze globali rischiano di sfuggire a tutti di mano.