Economia

Le tre sfide della Cina di Xi Jinping: povertà, finanza e ambiente

Il rapporto annuale della Fondazione Italia Cina delinea le opportunità per le aziende italiane: tecnologia e consumi. Intanto nel vino abbiamo superato la Spagna come export e le vendite di arredamento vanno alla grande

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MILANO - Il nostro export di vino supera la Spagna e ci porta al quarto posto. Bene l'arredamento, in generale bisogna puntare sulle tecnologie applicate all'industria e sulla diffusione dei consumi e quindi dei canali retail, tanto di lusso quanto di largo consumo.

E' il ritratto dei rapporti e degli scenari tra l'Italia e Pechino che emerge dal rapporto annuale, il nono, della Fondazione Italia Cina presentato oggi con la prima uscita del neo-presidente Alberto Bombassei: "Cina. Scenari e prospettive per le imprese", per altro nella giornata significativa per il summit tra Ue e Dragone. Il Rapporto è elaborato dal CeSIF, il Centro Studi per l'Impresa della Fondazione Italia Cina, ed è curato da Filippo Fasulo e Alberto Rossi.

Il documento sottolinea come il sia stato "l'anno del rafforzamento della posizione di Xi Jinping sul piano interno e internazionale", tra Congresso che ne ha certificato l'ascesa, mentre sul fronte internazionale si è posto come paladino della globalizzazione e lanciando la Belt and Road Initiative ha definito la nuova proiezione estera della sua Cina. Internamente, il Paese "si trova in una nuova fase della propria economia caratterizzata soprattutto da un tasso di crescita più lento", in trasformazione verso "essere un'economia avanzata e basata in particolare su consumi, servizi e innovazione. L'elemento cardine di questa nuova fase economica è che alla quantità bisogna dunque ora sostituire la qualità".

Xi, che nel frattempo ha accentrato su di sé il potere di indirizzo economico, secondo gli esperti si è aperto tre fonti di battaglia. "La sua azione di politica economica, infatti, ruota attorno al concetto di Supply side structural reform, che prevede un miglioramento del processo produttivo attraverso la riduzione della sovraccapacità. Nel corso del 2017, inoltre, il Presidente cinese ha identificato quelle che sono le priorità dell'agenda economica cinese, le cosiddette "tre battaglie": eliminare la povertà, ridurre il rischio finanziario e proteggere l'ambiente". Su tutto aleggia il contrasto con gli Usa di Trump sfociato in un braccio di ferro commerciale con rari precedenti: uno snodo che "non è inquadrabile soltanto in reciproche rappresaglie sui dazi, quanto piuttosto apre una lunga fase di confronto fra Cina e Stati Uniti sulla leadership economica globale, che porterà alla revisione dei pesi relativi delle maggiori economie mondiali".

In questo contesto, il tema del primato tecnologico avrà per gli esperti un ruolo decisivo, e non è un caso che l'azione del Presidente Trump si sia rivolta ai settori coinvolti dal piano Made in China 2025. E proprio questo aspetto - ovvero la crescita del livello tecnologico della produzione industriale cinese, che richiederà nel breve periodo competenze e conoscenze - deve esser tenuto a mente dagli italiani che vogliono aprirsi i canali in Cina: "Aprirà importanti nicchie come nella componentistica meccanica". Altra dinamica da monitorare, "la costante crescita dei consumi trainata dall'urbanizzazione, aprirà opportunità di retail sia in settori a basso costo sia nei comparti del lusso, a patto però di calibrare bene le modalità di accesso al mercato, di posizionamento e di distribuzione".

Nel rapporto si ricorda che per i prossimi anni la crescita cinese non si sposterà dalla fascia 6-7%. E che l'export italiano viene dalla miglior performance di sempre in Cina, per la prima volta sopra i 20 miliardi di dollari: i 20,41 miliardi superano infatti il record del 2014 e fanno segnare una crescita fortemente significativa, superiore al 22%, mai così accelerata dal 2010. Il +22% dell’export italiano rappresenta la miglior crescita di un Paese Ue in Cina. L’import italiano dalla Cina è invece pari a 29,28 miliardi di dollari (+10,24%, record dal 2011). L’interscambio è dunque pari a 49,79 miliardi (+14,79%, record dal 2011). Il nostro deficit cala così del 9,79% a quota 8,86 miliardi, miglior risultato dal 2013.

Ma d'altra parte, i recenti dati Ice mostravano come la nostra quota di mercato sia migliorabile. Ecco allora, di nuovo nel Rapporto della Fondazione, alcuni tratti della nostra presenza. Il vino ci ha visto arrivare al quarto posto, superando la Spagna. Nell'arredamento registriamo altri buoni risultati. Dal 2010 l’export verso la Cina è triplicato (+299%) e nell’ultimo anno è cresciuto del 36%. Il sistema-Italia interessa anche da noi: nel 2017 sono tornati a salire i cinesi che fanno turismo nelle nostre città e, rispetto al 2008, si registra un balzo del 266% degli studenti asiatici iscritti alle nostre Università.