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Sarahah, la app degli operai sauditi che ha conquistato i teenager Usa

NATA COME “OPERAZIONE TRASPARENZA” ALL’INTERNO DELL’ARAMCO IN VISTA DELLA QUOTAZIONE, RIPORTAVA RICHIESTE E LAMENTELE DEI LAVORATORI IN FORMA ANONIMA: POI SNAPCHAT L’HA INSERITA FRA I SUOI LINK ED È DIVENTATA UN VERO SOCIAL NETWORK

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<p>I n un mondo volatile e imprevedibile come quello delle app, le sorprese non mancano mai: che però l’applicazione del momento in Paesi come gli Stati Uniti, l’Australia e l’India arrivi da un luogo come l’Arabia Saudita è una sorpresa più grande del solito. L’applicazione di cui mezzo mondo parla si chiama Sarahah (che vuol dire “trasparenza” o “candore” in arabo) ed è stata creata da Zain Al Abidin Tawfiq, 29 anni, un analista finanziario dell’Aramco, la società petrolifera saudita che si appresta a debuttare sui mercati borsistici internazionali nei prossimi mesi. Scopo del progetto, secondo quanto raccontato da Tawfiq al Wall Street Journal, era proprio quello di aiutare il gigante del petrolio e i suoi dipendenti ad abbracciare con convinzione la trasparenza, requisito necessario per le società quotate in Borsa ma concetto fino a un paio di anni fa pressochè sconosciuto all’interno dei compound di Dhahran dove vivono e lavorano gli “Aramcons”, i dipendenti del gruppo petrolifero. Sarahah nasce infatti come un sistema di messaggistica in cui gli utenti - senza necessità di registrarsi - possono mandare commenti e feedback ai loro datori di lavoro o superiori, che devono invece essere registrati con il loro nome: la chiave di tutto è la garanzia di rimanere anonimi che viene offerta a chi invia commenti. «Negli uffici molte persone sono spaventate all’idea di dire onestamente quello che pensano ai loro superiori », ha spiegato Tawfiq. «Spesso si convincono a scrivere anche i dipendenti più giovani, fra mille ritrosie: nella cultura araba l’età è un fattore di rispetto molto importante». Tawfiq ha usato le ore libere e le pause di lavoro per sviluppare Sarahah, lavorando spesso dalla caffetteria dell’ufficio: mai avrebbe pensato che quello che era nato come un hobby si sarebbe trasformato in un impiego a tempo fisso, tantomeno redditizio. A determinare il salto di qualità è stata la scelta di far uscire la sua creatura da Dhahran e trasformarla in un’app aperta a tutti, disponibile su Internet in inglese e in arabo con download gratuito: la scommessa ha cambiato totalmente la natura del progetto e ancora di più della app e del pubblico a cui si rivolge. La rivoluzione è stata rapidissima. Nel giro di poche settimane dal lancio, avvenuto in giugno, Sarahah è diventata la app gratuita più scaricata dall’Apple store in tutto il mese di luglio, con i picchi massimi di download negli Stati Uniti e in India. Ad usarla non sono più impiegati desiderosi di comunicare le loro opinioni mantenendo la privacy, come pensava lo sviluppatore, ma teenager desiderosi di scambiarsi pareri e giudizi personali, in modo simile a quanto già fanno su Facebook o Instagram. Per spiegare il salto logico occorre aggiungere alla storia un ingrediente fondamentale: nelle stesse settimane in cui Sarahah arrivava sul web, Snapchat aggiungeva al suo sistema di messaggistica la possibilità di includere un link. E spesso il link era proprio a Sarahah, per l’anonimato che garantiva. In questa maniera, milioni di teenagers hanno usato Snapchat per far circolare i loro profili Sarahah e crearsi così facilmente una rete di follower. Una possibilità che presto però si è tramutata in un rischio: Sarahah permette a chi si iscrive di mandare messaggi restando completamente anonimo e a chi li riceve di vedere in tempo reale le opinioni degli altri su di lui/lei. Ma proprio la garanzia di anonimato è diventata un’arma in mano a cyberbulli di ogni categoria: negli Stati Uniti e in India Sarahah è una delle applicazioni che gli psicologi consigliano alle famiglie di tenere d’occhio, perché veicola insulti spesso pesanti e in alcuni casi può spingere i suoi utenti a pensieri suicidi, come dimostra la vicenda di una ragazzina indiana accusata da “amici” di essere “brutta e disgustosa” che ha ammesso con la stampa di aver pensato al suicidio dopo la marea di messaggi che l’ha travolta. Dal suo studio nella Provincia Orientale dell’Arabia Saudita, Tawfiq è ben consapevole dei potenziali rischi che la sua creatura ha generato, ma continua a difendere l’idea che sta alla base del progetto e a prendere le distanze da chi l’ha sfruttata in maniera sbagliata. La maggiore preoccupazione dell’analista finanziario però non è questa. Ha preso un periodo di aspettativa da Aramco, assunto due collaboratori full time e sta cercando di trasformare il suo hobby in qualcosa di redditizio, anche grazie a una sponsorizzazione d’eccellenza: il progetto di Tawfiq è piaciuto a Microsoft, che l’ha premiato con un servizio di cloud storage dal valore di 120mila dollari. Da poco lo spazio si è esaurito e per coprire i costi Sarahah ha introdotto un servizio premium a pagamento. Ma è solo un primo passo: quasi un miliardo di messaggi scambiati da luglio a oggi su Sarahah l’hanno resa una piattaforma ambita per gli investitori pubblicitari di tutto il mondo. E i piccoli annunci che hanno cominciato a comparire sulle schermate dei telefonini dei teenagers che la usano potrebbero non essere che l’inizio. Sopra, i loghi della nuova app Sarahah e della compagnia petrolifera Aramco, nel cui ambito era nata 1 2 Il principe ereditario e uomo forte saudita Mohammed Bin Salman (1); Evan Spiegel , ceo di Snapchat (2) </p>