Economia

RAPPORTO

Trasmettere l’eredità ma in anticipo family office in campo

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<p>Walter Galbiati Milano C reare un asse ereditario, effettuare investimenti filantropici e che abbiano impatto sociale. Sono le tre principali tendenze emerse dall’ultimo Global family office Report di Ubs che prende in rassegna le dinamiche di oltre 262 family office sparsi in giro per il mondo i cui gestori sono stati intervistati tra febbraio e maggio 2017 in collaborazione con Campden Wealth Research. Il problema principale per le famiglie dei paperoni è come conservare e trasferire la ricchezza alle generazioni successive, un passaggio estremamente delicato che ha successo solo una volta su tre. Nel 2015, ben il 69% degli intervistati aveva come principale problema stabilire un piano di transizione nell’arco di 15 anni: oggi quasi la metà degli intervistati ha iniziato a predisporre un asse ereditario. Poco più del 30% ha già iniziato a lavorare concretamente al difficile passaggio di consegne, mentre un restante 15% non ha ancora preparato carte e documenti, ma sembra avere già delineato la strategia. Gli altri non hanno ancora affrontato il problema, anche se tra gli indecisi più della metà sostiene di essere in fase di allestimento. Non si tratta di gestire solo il passaggio della liquidità o dei beni immobiliari, spesso l’asse generazionale include anche il controllo di aziende e società la cui vita futura dipende dalla buona governance tra gli eredi. La seconda tendenza emersa è la voglia di filantropia. Sempre più spesso chi possiede grandi ricchezze, forse anche per mettersi la coscienza a posto, decide di dedicare parte delle proprie fortune a investimenti che abbiano anche uno scopo sociale. Dalla ricerca è emerso che mediamente i family office destinano 5,7 milioni di dollari a iniziative di questo genere. La parte del leone la fanno l’ambiente e la lotta alla povertà. Tra il 2016 e il 2017, è cresciuto del 9,4%, arrivando al 41,7% del totale, il numero dei gestori di ricchezze familiari che hanno destinato a cause ambientali le loro fortune. Altrettanti (41,7%) e in crescita del 7% sono coloro che hanno finanziato in qualche modo iniziative per migliorare la vita dei ceti sociali più in difficoltà o dei poveri nel mondo. Ben il 36,3% di chi investe in filantropia ha anche idee ben chiare e su come indirizzare le proprie risorse, mentre il restante 13,4% non ha una strategia ben definita. Dal questionario, è poi emerso che molte famiglie (31,8% degli intervistati) non affidano al proprio family office la propria beneficienza, ma vi provvedono direttamente in altri modi. Legata alla filantropia è anche la terza tendenza emersa dal rapporto, la crescita dell’impact investing, ovvero quella serie di investimenti effettuati in società, organizzazioni e fondi con l’intento di generare un impatto sociale o ambientale misurabile e favorevole a fianco o in sostituzione di un rendimento finanziario. Non è infatti sempre richiesto da chi investe ottenere un tornaconto finanziario, a volte basta sapere di aver fatto del bene. Un quarto dei family office (28,3%) è attualmente impegnato nell’impact investing o attraverso una forma di investimento provato e diretto o attraverso fondi di private equity. L’obiettivo preferito dai paperoni è l’educazione, seguita dalla conservazione dell’ambiente e dalle misure che permettono un risparmio energetico. La tendenza dovrebbe continuare a rafforzarsi perché oltre il 40% dei family office prevede di incrementare ancora le proprie allocazioni nell’impact investing e negli investimenti basati su criteri ambientali, sociali e di corporate governance. Tutto ciò non sembra comunque aver tolto smalto ai rendimenti, perché dopo un deludente 2015 chiusosi con un ritorno dello 0,3%, il 2016 ha regalato un soddisfacente +7% in termini di performance, grazie soprattutto ai buoni risultati dell’azionario nei mercati emergenti e al buon andamento del private equity. Del resto il comparto azionario rappresenta più di un quarto del portafoglio complessivo. I family office nascono per gestire i patrimoni delle famiglie più ricche </p>