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Una competizione che dura da più di un secolo fra pubblicità comparativa e carte bollate

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<p>Da oggi in poi, nella battaglia vecchia di oltre un secolo fra Pepsi (fondata nel 1898) e Coca-Cola (1886) per il dominio nel mercato americano delle bevande gassate, sostengono gli analisti, bisognerà tener conto di un terzo incomodo, quello derivante dalla fusione di Keurig Green Mountain e Dr Pepper Snapple. Chissà quali altri sorprese ci riserverà questa guerra infinita, che è servita quante altre mai anche come esperimento da laboratorio per la pubblicità comparativa, consentita in America e che sta lentamente facendo il suo ingresso anche in Europa. Vediamo qualche esempio, preso a caso in una casistica sconfinata. Nel 1979 un annuncio a tutta pagina della Pepsi sui settimanali americani proclamava: “Oltre 275mila californiani hanno assaggiato una bevanda senza sapere cosa fosse. Il 60,12% (notare la precisione, ndr) ha detto di preferire la Pepsi”. Nel 1985 la Coca cambiò la formula espressamente per essere più simile, in sostanza più dolciastra, alla Pepsi, ma fu un fallimento e si dovette reintrodurre la “Coca Classic”. Poco prima della fine della guerra fredda, la Pepsi fece un accordo di distribuzione delle vodka Stolichnaya che le valse entrature e favoritisimi tali da passare in vantaggio a Mosca: nel 1992 dopo il cambio di regime la Coca-Cola avviò una serrata campagna che riuscì a far passare la Pepsi come simbolo della vecchia Urss e alla fine riacquistò il vantaggio: nel luglio 2005 il sorpasso fu accertato da un sondaggio che diceva che la Pepsi aveva il 13 per cento del mercato russo e la rivale il 19. Pochi anni prima, mentre la Pepsi aveva come testimonial Michael Jacskon e la Coca Paula Abdul, il rocker Billy Joel aveva raccontato la battaglia nella canzone “We didn’t start the fire”. Fin qui siamo all’aneddotica, ma altrettanto lunga è la serie di cause legali intraprese ora dall’una ora dall’altra casa. Anche in Italia: nel ‘99 finì di fronte al garante antitrust la denuncia della Pepsi secondo cui la Coca avrebbe abusato della sua posizione dominante promettendo ai commercianti premi e sconti pur di non vendere la rivale. Ma tutto finì senza soluzione. </p>