Economia

Fca, Manley presenta i conti ma il titolo sprofonda del 15,5% in Borsa

Mike Manely (ansa)
Il debutto del successore di Marchionne davanti al mercato, nel giorno della scomparsa del manager. Tagliate le stime per l'anno in corso ma confermati gli obiettivi del piano al 2022. Storico sorpasso in Borsa: ora Ferrari vale più di Fiat Chrysler
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MILANO - Il nuovo ceo del gruppo Fiat Chrysler, Mike Manley, debutta davanti alla comunità finanziaria con la presentazione dei conti trimestrali nel giorno della morte del suo predecessore, Sergio Marchionne, annunciando da un lato l'azzeramento del debito industriale e dall'altro il taglio delle stime su ricavi e utili per il 2018. Numeri che deludono il mercato e che fanno precipitare il titolo, che termina la giornata a Piazza Affari in calo del 15,5%. Un tonfo che equivale a 3,8 miliardi di capitalizzazione perduta. Anche Ferrari cede terreno, ma con il -2,19% di oggi opera uno storico sorpasso: per il mercato vale una manciata di milioni più di Fca, quasi 21,7 miliardi di euro. In rosso anche la holding Exor (-3,49%), piatta Cnh (-0,27%).
La scomparsa di Marchionne è accolta con un minuto di silenzio all'inizio della conference call di Manley con analisti e giornalisti. "È un momento molto triste e difficile", scandisce poi il nuovo capo azienda. "Una notizia straziante. Era un uomo unico e ci mancherà", aggiunge rivolgendo le condoglianze alla famiglia di Marchionne. "Ho trascorso 9 anni parlando con Sergio ogni giorno e il mio cuore è spezzato", ricorda. "Il rapporto tra noi era basato sulla trasparenza, sulla focalizzazione sugli obiettivi e, cosa più importante di tutte, sul rispetto", rimarca Manley.


Pur in un momento emotivamente difficile, il mercato guardava alle sue parole anche per carpire le prime indicazioni di rotta. E Manley subito chiarisce: "Confermiamo tutti gli obiettivi che ci siamo posti nel piano industriale al 2022. Il 2018 è un anno molto importante, i target andavano rivisti: siamo sempre molto trasparenti con le comunicazioni al mercato".

In effetti, con la pubblicazione dei conti trimestrali, il gruppo ufficializza di aver azzerato il debito centrando l'obiettivo scolpito nei programmi del manager italo-canadese, ma d'altra parte lima alcuni obiettivi per questo esercizio. La missione del "debito zero" era per Marchionne un modo per avere una società attraente per gli investitori, valorizzata al massimo dal mercato e quindi forte per giocare il suo ruolo nel risiko delle alleanze che l'ex ad ha da sempre ritenuto ineluttabile per sopravvivere ai cambiamenti tecnologici e di mercato. Soltanto alla fine del 2017, l'indebitamento netto era di 2,4 miliardi. Lo stesso Marchionne, d'altra parte, presentando il nuovo piano industriale a Balocco a inizio giugno aveva annunciato che per la fine del mese il traguardo di 'debito zero' sarebbe stato tagliato, rispolverando per l'occasione una cravatta come a onorare un fioretto del passato. Dai numeri di bilancio aggiornati alla fine di giugno emerge che Fca per la prima volta ha una liquidità netta industriale di quasi 500 milioni di euro.


Al netto del debito, però, come riconosce Manley "è stato un trimestre difficile. Marchionne lo aveva detto ed è stato così". Nel secondo periodo dell'anno i ricavi si attestano a 29 miliardi di euro, con un aumento del 4% (+11% a parità di cambi di conversione) "per la crescita delle consegne e il positivo effetto prezzi", annota il gruppo. Il periodo aprile-giugno 2018 si chiude con un utile netto di 754 milioni di euro, in diminuzione del 35% (-26% a parità di cambi) dagli 1,155 miliardi di euro dello stesso periodo dello scorso anno. L'utile netto escludendo voci straordinarie è di 981 milioni di euro, in calo del 9% ma stabile a parità di cambi di conversione. Nel semestre, l'utile netto diventa così di 1,775 miliardi di euro, in calo dell'1% rispetto allo stesso periodo di un anno fa, e il risultato 'adjusted' di 2,019 miliardi, in crescita del 15%. Sempre nel semestre, i ricavi netti salgono a 56 miliardi (+1%) con 2,4 milioni di vetture.

Per quanto riguarda il 2018, il Lingotto conferma l'obiettivo di un utile netto adjusted di 5 miliardi. Taglia invece le stime di ricavi netti tra 115 e 118 miliardi di euro (la stima era di 125 miliardi di euro) e l'ebit adjusted a 7,5-8 miliardi di euro (era 8,7 miliardi di euro). La liquidità netta industriale è prevista a 3 miliardi di euro, anziché i 4 miliardi messi in conto precedentemente. "Anche Sergio Marchionne avrebbe abbassato la guidance" per il 2018, "era consapevole che i target andavano rivisti", dice il direttore finanziario di Fca, Richard Palmer, durante la conference call con gli analisti. Palmer comunque sottolinea che il 2018 resta "un anno solido", nonostante il taglio delle stime. Oltre a Fca, oggi anche General Motors ha tagliato le stime per l'anno: nel caso dell'altro colosso Usa delle auto, sugli utili di quest'anno pesano l'aumento dei costi delle materie prime e le svalutazioni in Argentina e Brasile, due suoi importanti mercati.


Proprio queste revisioni sono probabilmente il fattore che pesa sul mercato dove - dopo le vendite di lunedì e il recupero di ieri - il titolo Fca ha perso come detto il 15,5%, "bruciando" in una sola seduta 3,8 miliardi di capitalizzazione. I titoli erano partiti piatti a inizio giornata ed erano scivolati in leggero ribasso all'ufficializzazione della scomparsa di Marchionne. Ma sono precipitati in fondo al listino solo con la pubblicazione della trimestrale. Fino ad ora, i dubbi degli analisti si erano concentrati più che altro su Maranello, perché il piano industriale di Ferrari non è ancora concluso (ma è confermato per il prossimo settembre) e lì Marchionne era previsto fino al 2021, mentre in Fca la sua uscita era comunque attesa per il 2019. Insomma, al Cavallino rampante ci si aspettava di averlo a indicare la strada più a lungo.

Tra i conti di Fca si legge anche del dimezzamento dei ricavi di Maserati nel secondo trimestre, a poco meno di 570 milioni, dovuto al calo delle consegne in Cina "imputabile principalmente all'impatto della riduzione dei dazi sulle importazioni in Cina a decorrere dal 1° luglio, che ha ritardato le decisioni di acquisto della rete e della clientela finale". Proprio alla Cina guarda Manley per il futuro: "E' la sfida più grande, molto importante per noi il riposizionamento del marchio Jeep in Cina".