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Il tradimento di quella pubblicità difficile da riconoscere

Trasparenza dell’influencer marketing: necessità fondamentale per la completa e reale riconoscibilità del messaggio pubblicitario

MASSIMILIANO DONA*
C’era una volta la pubblicità. Non che oggi non si faccia più promozione commerciale, ma continuare a parlare solo di pubblicità può essere riduttivo. Al giorno d’oggi si è allargato il raggio di azione attraverso il quale le aziende si rivolgono ai consumatori ed è più corretto parlare di strategie dimarketing.

Del resto, se un tempo la réclame giungeva nelle nostre case principalmente attraverso la televisione, oggi grazie alla tecnologia si intromette in qualsiasi spazio della quotidianità, offrendo contenuti ad hoc a seconda dei gusti e delle abitudini di acquisto. È l’evoluzione commerciale del “grande fratello” che comporta una accurata profilazione degli utenti allo scopo di esasperare la personalizzazione delle offerte commerciali.

Allo stesso tempo possiamo dire che se in passato era forse più semplice riconoscere il messaggio di uno spot, oggi si fa difficile persino individuare la pubblicità: nel momento in cui il testimonial è la ragazza della porta accanto (o così vorrebbero farci credere visto che ha milioni di seguaci online) è sempre più sottile la distanza tra reale efinzione, tra corretta informazione inganno pubblicitario.
La pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale”, dice la legge, eppure sui social regna una grande confusione con prodotti sponsorizzati senza alcuna avvertenza.

Per questo noi dell’Unione Nazionale Consumatori siamo impegnati da mesi in un’ampia campagna per la trasparenza dell’influencer marketing: ad aprile 2017 abbiamo presentato un primo esposto all’Autorità Antitrust che ha risposto con lettere di moral suasion alle aziende e ai principali influencer chiedendo maggiore chiarezza nei post pubblicitari. A quest’opera di “moralizzazione” si aggiunge la Digital Chart dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria che raccomanda indicazioni più stringenti per chi diffonde contenuti pubblicitari online.

Purtroppo però questi interventi sembrano non essere sufficienti alla luce del proliferare di pubblicità camuffata su blog e social network da parte di personaggi più o meno noti al grande pubblico, che vantano migliaia di seguaci social e che con un solo post riescono ad influenzare i consumatori sui più svariati prodotti. Per questo motivo siamo tornati a segnalare i principali influencer per alcuni post dove non compare l’hashtag #ad mentre si pubblicizzano prodotti che “assicurano” risultati miracolosi per dimagrire e sui quali infatti abbiamo chiesto all’Autorità di fare approfondimenti visto che hanno a che fare con l’alimentazione e quindi con la salute.

Il tema della nuova pubblicità è stato protagonista di “Cose da non credere”, l’evento di network che ogni anno l’Unione Nazionale Consumatori organizza nel mese di maggio al Museo MAXXI di Roma. Rappresentanti delle istituzioni, aziende ed esperti del settore hanno discusso, seguendo lo schema del world cafè, di vecchia e nuova pubblicità;  la pubblicità è dunque una “cosa da non credere”? Intanto sembra difficile da riconoscere. E la cosa mi sembra già un bel tradimento!
 
(*) presidente Unione Nazionale Consumatori
 
Massimiliano Dona parteciperà al Festival della Crescita di Rimini, che si terrà il 22 giugno in occasione del Web Marketing Festival
 
 
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