Esteri

Guy Ryder: "Il vero dramma è il miliardo di sfruttati con paghe da fame"

Parla il direttore dell'International labour organization: "Non c'è solo la disoccupazione. Quando in Europa arrivano i barconi dobbiamo sapere che tra le cause c'è il divario di salari tra le aree del mondo"

2 minuti di lettura
VENARIA (TORINO). Nel mondo ci sono 3 miliardi di lavoratori ma un terzo vive sotto la soglia di povertà, rappresentata da un salario di due dollari al giorno. Al G7 del lavoro Guy Ryder, direttore generale dell'Ilo, l'organizzazione dell'Onu che si occupa di lavoro, prova a ricordare ai paesi ricchi che le loro preoccupazioni sulla disoccupazione sono solo una parte dei drammi sociali dell'umanità.

Signor Ryder, dove sono i problemi più gravi per chi lavora?
"Le questioni del lavoro nel mondo sono molte e segmentate a seconda delle economie e delle aree geografiche. Il G7 è un tavolo cui partecipano paesi ricchi nei quali c'è lavoro di qualità e una popolazione che invecchia. Ma bisogna tenere conto delle molte economie in cui esistono forme più o meno accentuate di schiavitù, in cui il lavoro è sottopagato. Un miliardo di lavoratori sono sotto la soglia della povertà. Quando qui in Europa arrivano i barconi di migranti dobbiamo sapere che, oltre alle guerre, una delle principali motivazioni è il divario tra i salari delle diverse aree. Lo scorso anno ho visitato un campo di profughi. Fuggivano certamente dalla guerra ma anche da una condizione economica molto precaria. Per questo tentavano in tutti i modi di venire in Europa".

L'Occidente teme il crollo degli occupati per effetto della digitalizzazione. È un timore fondato?
"Nessuno oggi è in grado di fare la somma algebrica tra i posti che si perderanno e quelli che arriveranno con le nuove tecnologie. Ma non mi sembra un esercizio molto utile. Quella che cambierà nei prossimi anni sarà la stessa natura del lavoro, molto diversa da quella che conosciamo oggi".

Ma in Europa lei si aspetta per i prossimi anni più o meno lavoro?
"L'Europa già oggi è un'area che invecchia, in cui manca la manodopera. Questa almeno è la tendenza generale. Le faccio un esempio concreto. Io sono inglese. I favorevoli alla Brexit ritenevano che con l'uscita dall'Ue si sarebbero liberati posti di lavoro per i cittadini britannici. Invece già oggi si può constatare che la scelta di molti immigrati di abbandonare la Gran Bretagna ha finito per far mancare figure professionali in molti settori".

Il numero degli occupati nel mondo cresce o diminuisce?
"Quest'anno avremo per la prima volta una riduzione del numero degli occupati in Cina. Un fatto significativo in un Paese in cui eravamo abituati a veder crescere l'occupazione del 7 per cento all'anno. Questo calo dell'occupazione cinese sarà probabilmente compensato dall'incremento degli occupati negli altri pesi portando il saldo finale del 2017 in parità".

Una delle novità di questo G7 è stata la presenza ai tavoli di agenzie come la vostra e dei sindacati. Come giudica qusta innovazione?
"Ringrazio il ministro Poletti e l'organizzazione del G7 per aver voluto includere nella discussione dei governi le agenzie che si occupano di lavoro. Devo dire che nessuno dei sindacati intervenuti si è opposto per principio alla digitalizzazione e all'innovazione. È invece emersa una posizione generalmente condivisa sul fatto che le innovazioni nel mondo della produzione vanno governate ma non osteggiate. Nascerà un forum di coordinamento e anche questo è un fatto positivo".

Mentre noi stiamo parlando, a un chilometro e mezzo da qui c'è un corteo che protesta. Ritengono che il vostro G7 sia inutile. Che cosa risponde?
"Non mi scandalizza un corteo. Anche io da giovane ho partecipato a cortei e manifestazioni. In molte parti del mondo i popoli dubitano che i loro rappresentanti siano in grado di dare risposte ai problemi del lavoro. La risposta è proprio quella che è venuta da questo summit, la scelta della collaborazione tra agenzie del lavoro, governi e parti sociali per trovare di volta in volta soluzioni concrete".