Esteri

Catalogna in ansia per le parole di Puigdemont. Crepe nel fronte indipendentista, slitta il discorso

Ressa di giornalisti all'ingresso di Carlos Puigdemont al Parlamento catalano (reuters)
C'è incertezza sulla formula che il presidente del governo catalano userà parlando al Parlamento di Barcellona. Il discorso previsto alle 18 viene rinviato alle 19. La sindaca di Barcellona preme per una mediazione. Al suo appello si sono uniti otto premi Nobel per la Pace. Madrid parla di "golpe". Chiuso il parco intorno al Parlamento catalano, dove era prevista una manifestazione
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BARCELLONA - La sfida secessionista della Catalogna potrebbe avere il suo culmine oggi. Ma c'è incertezza fino all'ultimo e il discorso al Parlamento previsto alle 18 slitta di un'ora. Forse il ritardo è da ascrivere a nuove pressioni del fronte indipendentista più morbido. Ma si rincorrono tante voci intorno al rinvio: c'è chi sostiene che siano in corso trattative con mediatori internazionali, facendo riferimento a una ipotetica telefonata a Puigdemont del presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, smentita da una portavoce dell'esecutivo comunitario, o anche altre interpretazioni, tra le quali la discussione aperta nei partiti che sostengono Puigdemont, con la Cup, (Candidatura d'Unitat popolar) che giudicherebbe troppo blando il discorso che avrebbe letto in anteprima, mentre invece altre formazioni preferirebbero un annuncio oggi e un voto in tempi più lunghi. Comunque sia, Madrid anche a ridosso del discorso del presidente ha fatto sapere che con il leader separatista "nessuna mediazione sarà possibile".

Tutti sono in attesa delle parole del presidente del governo catalano, Carles Puigdemont, rivolte al Parlamento di Barcellona: è previsto che prenda ufficialmente atto del risultato del referendum - illegale per Madrid - del primo ottobre scorso, e che quindi il presidente avvii o meno l'iter per la dichiarazione di indipendenza, e poi con quali tempi il governo catalano la metterà in atto.

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Puigdemont è arrivato al Parlamento catalano intorno alle 17, con un'ora d'anticipo rispetto all'inizio della seduta plenaria, ufficialmente per partecipare a una riunione del gruppo di Junts pel Sì, e non ha rilasciato dichiarazioni alle centinaua di giornalisti che lo attendevano. C'è grande incertezza sulla formula che userà ma pochi dubbi finora sul fatto che si tratterà di una dichiarazione unilaterale di indipendenza.

E Madrid? Il premier spagnolo Mariano Rajoy riferirà domani pomeriggio nel Congresso dei deputati sulla crisi catalana e seguirà alla Moncloa il discorso del presidente catalano. Secondo alcuni media potrebbe se necessario convocare una riunione straordinaria del governo già questa sera.

Il quotidiano El Pais sarebbe venuto in possesso di un documento riservato degli indipendentisti in cui si prospetta il percorso a tappe per la secessione dalla Spagna: prima la necessità di generare un conflitto, poi la dichiarazione unilaterale di indipendenza, infine la creazione di un nuovo governo autonomo in due fasi. Il documento non è datato e sarebbe stato sequestrato durante le perquisizioni del 20 settembre.

Le crepe nel fronte indipendentista si sono andate accentuando nelle ultime ore tra chi pensa che è comunque necessario lo strappo e chi, di fronte alle perplessità sulla procedura - una consultazione non concordata, l'assenza di un riconoscimento europeo o internazionale - crede che sia meglio fermarsi e rinviare lo scontro finale.
 
Un tentativo in extremis è stato ieri quello della sindaca della capitale catalana. Ada Colau, che in questi giorni ha cercato di costruire una mediazione, dentro e fuori la Spagna, ha detto che il referendum del primo ottobre non è sufficiente a dare legittimità a una dichiarazione di indipendenza. Che servirebbe fermarsi e dialogare per non spaccare ancora di più una società catalana divisa fra unionisti e indipendentisti. Al suo appello si sono uniti otto Nobel per la Pace, tra cui Adolfo Pérez Esquivel, Rigoberta Menchu e Jose Ramos-Horta, che hanno inviato una lettera ai leader catalani e spagnoli chiedendo una mediazione pacifica per risolvere la crisi.
  Ma dall'altra parte la maggioranza, nei partiti della coalizione secessionista al governo, spinge per la rottura. E le organizzazioni civiche, come l'Assemblea nazionale catalana e Òmnium, con lo slogan "Benvenuta Repubblica", hanno organizzato una mobilitazione straordinaria, "in difesa del referendum". I Mossos hanno però deciso di chiudere al pubblico il Parque de la Ciudadela, dove si trova il Parlament e dove si sarebbe dovuta tenere la manifestazione. Che è stata spostata appena fuori dal parco, davanti al vigilatissimo Tribunale superiore di giustizia.

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Nessuno svela chiaramente le proprie mosse. E se non è ancora chiaro cosa esattamente dirà Puigdemont, non si sa neppure quali saranno le reazioni concrete di Mariano Rajoy, il presidente del governo spagnolo. "Reagiremo", hanno detto da Madrid, dove ormai si parla apertamente di "Golpe" di fronte all'ipotesi di una dichiarazione di indipendenza a Barcellona. Il portavoce del partito Popolare, il centro destra che guida un governo in minoranza parlamentare, ha minacciato l'arresto, e un processo per ribellione, di Puigdemont e degli altri principali attori della sfida catalana. Sulla carta le opzioni sono molte, dallo Stato di emergenza alla sospensione dell'autonomia catalana con chiusura del Parlamento e scioglimento del governo.

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Ma sono molti anche i rischi che la ribellione possa incendiare le strade. Le proteste non mancheranno e gestirle non sarà facile. Dopo molti tentennamenti anche il leader socialista, Pedro Sanchez, ha garantito il suo appoggio incondizionato alle decisioni che prenderà Rajoy. In questo modo Sánchez ha chiuso la porta, almeno per ora, all'ipotesi di un'altra crisi nella crisi: il tentativo di rovesciare Rajoy e sostituirlo con un governo socialisti, Podemos e formazioni regionali per aprire un dialogo con la Catalogna ribelle. I numeri ci sarebbero, la volontà politica no.

Dopo il discorso di Puigdemont, il presidente del governo spagnolo Rajoy si presenterà domani mercoledì nel Parlamento nazionale, le Cortes a Madrid, per informare sulle misure che ha già preso e prenderà. Per sospendere l'autonomia catalana ha bisogno di un voto del Senato.  

L'ora della verità è arrivata e tutto quello che potrà succedere se, alla fine, Puigdemont farà quello che ha promesso, nonostante le pressioni e le incertezze delle ultime ore, si apriranno scenari ancora difficili da immaginare.

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