Esteri

Albania, il primo ministro vuole l'Europa: "L'Ue può garantire pace e prosperità"

Il premier albanese Edi Rama a sinistra, con il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni nella visita di ieri a Villa Pamphili, Roma (ansa)
Il leader socialista Edi Rama, da poco rieletto, a Roma per incontrare Paolo Gentiloni: "Con qualsiasi governo italiano la simbiosi è profonda: ci aiutiamo a vicenda"
3 minuti di lettura
ROMA - "L'Albania, gli albanesi rimangono il Paese e il popolo più europeista in Europa. E non solo perché vogliamo diventare pienamente parte di un blocco politico ed economico che sentiamo casa nostra e che aiuterà il nostro sviluppo, la nostra stabilizzazione. Ma perché i Balcani rimangono una regione in cui il ricordo delle guerre d'Europa è ancora vivo. La storia può ripetersi, e la Ue è nata e deve il suo successo a questo: ha garantito ai popoli europei pace e prosperità come mai era avvenuto in passato".

Edi Rama, il leader socialista albanese, da poco è stato rieletto primo ministro nel suo Paese. La prima visita in Europa ieri è stata a Roma, per incontrare Paolo Gentiloni: "Con qualsiasi governo italiano, da Prodi a Berlusconi a Matteo Renzi, da anni ormai la simbiosi con l'Italia è profonda, ho l'ambizione di dire che ci aiutiamo a vicenda".

Primo ministro, lei ripete sempre che "l'Albania è il Paese più europeista d'Europa", l'obiettivo di entrare nella Ue per voi rimane fondamentale. Ma crede che la Ue confusa, incerta degli ultimi anni riuscirà mai ad avere la forza per allargarsi anche all'Albania?
"Tutti i sondaggi continuano a confermare che il popolo albanese è il più europeista fra quelli europei. Noi albanesi siamo ancora vicini alle guerre, alle guerre balcaniche che si sono concluse solo pochi anni fa. Noi abbiamo vivo il ricordo del nostro regime comunista. Cogliamo fino in fondo il valore della Ue, una alleanza nata per portare pace fra Paesi che si sono combattuti per secoli, un'alleanza che ha avuto un incredibile successo anche se oggi le sue strutture devono essere modernizzate. Ma mettere in discussione il modo in cui funziona la Ue è sano; mettere in discussione i suoi obiettivi strategici vuol dire non conoscere la storia, sapere che nulla è acquisito per sempre. Io credo che la Ue saprà distinguere le sue crisi di crescita dall'abbandono dei suoi ideali e principi strategici. Il progetto Ue è assolutamente valido come orizzonte di pace per tutti noi".

Perché i Balcani continuano a essere nel mirino della Russia, della Turchia, di potenze autocratiche che sembrano giocare qui parte delle loro rivalità geopolitiche?
"C'è una differenza importante, nella nostra percezione, fra Turchia e Russia. Noi albanesi vediamo la Turchia come uno Stato della regione, che sta cercando di giocare il suo ruolo senza provare a imporre nulla ai Paesi dei Balcani. È un paese legato alla prospettiva euro-atlantica. La Russia ha un legame con la Serbia, con il mondo slavo, ma usa questo suo legame quasi come fosse una pedina sulla scacchiera dei suoi interessi geostrategici; gioca nei Balcani per garantirsi altro, a livello globale, nei rapporti con Europa e con gli Stati Uniti".

Mosca ha avuto un ruolo nel tentativo di eliminare il primo ministro del Montenegro alcuni mesi fa. Lei crede che la Russia sia così ossessionata dal suo ruolo nella regione da poter ricorrere a mosse del genere?
"Io non inserirei il loro comportamento nel campo delle 'ossessioni'. È quello che ho detto, la manovra che doveva sabotare l'ingresso del Montenegro nella Nato era parte di questo gioco geostrategico che prova a far cambiare corso ai nostri Paesi. Noi non vogliamo questo. Per Mosca era importante spezzare l'unità dei paesi del Balcani che sulla sponda dell'Adriatico adesso sono tutti membri della Nato".

Non crede che gli Usa stiano rinunciando a un ruolo forte nella regione?
"Il loro ruolo è essenziale. Dopo 40 anni di comunismo totalitario albanese, di ossessione anti-imperialista e anti-americana, il popolo albanese ha sviluppato una aspirazione profonda ai valori liberali americani ed europei, e il ruolo di equilibrio degli Stati Uniti nella nostra area è irrinunciabile".

Lei ha detto più volte che dopo le guerre balcaniche degli Anni Novanta i paesi della regione si stanno trasformando "da nemici a vicini". Cosa significa? Quale rapporto avete con la Serbia?
"Quattro anni fa io sono stato il primo premier albanese a visitare Belgrado dal 1946; il presidente Vucic è stato il primo ad arrivare in Albania in 60 anni. Stiamo mettendo in piedi un piano ambizioso, per abbattere tariffe doganali, facilitare i commerci; e questo passo dopo passo ci aiuterà a superare le nostre differenze, a risolvere i nostri contenziosi. Il Kosovo è un punto di disaccordo, ma lo gestiamo, possiamo collaborare".

A proposito di Kosovo: cosa pensa della secessione della Catalogna?
"Non mi piace quando qualcuno dall'estero parla dei fatti di un altro Paese. Ma certo a me piacciono i processi politici che uniscono, quelli che avvicinano".

Molti parlano ancora di Lazarat, il villaggio in cui si coltiva la marjuana: esistono ancora queste oasi di pura criminalità in Albania?
"Con l'aiuto del governo italiano, della vostra Guardia di Finanza, abbiamo controllato settimana dopo settimana la situazione a Lazarat e nelle zone in cui le organizzazioni criminali operavano in quel modo. Stiamo aspettando l'ultimo rapporto della Gdf, ma le dico che queste aree di totale illegalità sono state sbaraccate".