Esteri

Siria, l’Onu accusa Damasco per i gas. Tillerson: “Nessun futuro per Assad”

Il rapporto dell’Organizzazione per la messa al bando delle armi chimiche denuncia l’aviazione governativa per il massacro di Khan Sheykhun. Le trattative di pace riprendono a Ginevra il 28 novembre

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Gli organismi internazionali non hanno dubbi: l’attacco con il gas Sarin a Khan Sheikhun del 4 aprile scorso è opera dell’aviazione siriana. Il meccanismo investigativo congiunto di Nazioni Unite e Organizzazione per la messa al bando delle armi chimiche ha pubblicato le sue conclusioni in un rapporto che punta il dito contro il governo di Damasco perché, dice il documento, “lo scenario più probabile” è quello che vede il gas lanciato durante un bombardamento aereo. E in quelle ore era proprio l’aviazione di Bashar al Assad che colpiva la zona.

Non è ben chiaro se gli esperti delle organizzazioni internazionali abbiano avuto effettivo accesso alla zona dell’attacco, al centro dei combattimenti fra jihadisti e truppe governative, o se invece la ricostruzione sia basata soltanto su testimonianze riportate. Il governo siriano e gli alleati russi, coinvolti nelle operazioni aeree, hanno sempre negato di aver usato i gas, suggerendo invece che le bombe abbiano colpito un deposito di prodotti chimici dei ribelli.

La ricostruzione che accusa Assad si scontra, secondo diversi osservatori, anche con le incongruenze rilevate dai filmati che mostrano i corpi dei bambini uccisi: i cadaveri hanno già perso la rigidità che dovrebbero avere se l’orario dell’attacco e quindi della morte fosse quello indicato nelle ricostruzioni. Lo stesso rapporto internazionale sottolinea che i ribelli hanno utilizzato armi chimiche – in questo caso però si tratta di iprite, con tracce molto diverse da quelle del gas nervino – nell’attacco di settembre a Um Housh.

Il segretario generale Antonio Guterres ha definito “oggettiva e imparziale” la ricostruzione dell’Onu, anche se fonti dell’Organizzazione per la messa al bando delle armi chimiche ricordano che “si tratta comunque di valutazioni politiche”. E politiche sono le prime reazioni della diplomazia americana: l’ambasciatrice all’Onu Nikki Haley ha ribadito le responsabilità del presidente siriano e il segretario di Stato Rex Tillerson è andato oltre, sottolineando che “non c’è futuro per la famiglia Assad”.

Ma nonostante le esternazioni dell’amministrazione Usa, che già nelle ore seguenti all’attacco aveva lanciato un pesante bombardamento missilistico su una base siriana come rappresaglia contro quello che Trump definiva “il macellaio Assad”, il destino del presidente di Damasco sembra tutt’altro che deciso. Il sostegno degli alleati Iran e Russia appare solido: l’ambasciatore di Mosca all’Onu Vasily Nebenzia ha freddamente ribadito a Tillerson che “non bisogna anticipare l’avvenire, nessuno conosce ciò che lo attende”.

Proprio il ruolo personale di Bashar al Assad sembra essere l’ostacolo fondamentale per le trattative di pace: proprio in queste ore l’inviato Onu per la Siria, Staffan de Mistura, aveva annunciato la ripresa a Ginevra dei colloqui fra rappresentanti governativi e opposizione, il 28 novembre prossimo.