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India, il figlio di Sonia Gandhi presidente del partito del Congresso: l'ascesa del "principe riluttante"

(ap)
Rahul Gandhi alla guida della storica formazione, attualmente all'opposizione
 
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BANGKOK - Il "principe riluttante" dell'India è diventato re. E' ormai certo che tra cinque giorni Rahul Gandhi, VI di una dinastia di premier e leader politici cominciata 131 anni fa, indosserà per assoluta mancanza di sfidanti la corona di presidente del partito del Congresso. Una corona fatta però più di spine che di allori. Mentre si prepara per lui la cerimonia ufficiale prevista per sabato 16 con la madrina d'eccezione Sonia Maino Gandhi (che è anche sua madre), Rahul sta combattendo come un leone sul primo difficile fronte di una guerra che lo vedrà in sfida quotidiana e diretta con il premier Narendra Modi, l'uomo che ha ridotto il Congresso a una sparuta anche se vocifera minoranza parlamentare.

Per il timore che questa sfida creasse scintille tra i sostenitori dei due nuovi Ettore e Achille della politica indiana, la polizia della capitale gujarati di Ahmedabad ha vietato i rispettivi comizi e impedito ai cortei avversari di ostruire le strade verso i palchi già pronti. In termini di storia moderna, la portata dello scontro è evidente per l'importanza del feudo di Modi come primo dei campi di battaglia di Rahul da qui alle elezioni generali del 2019. Dal Gujarat l'ex capo ministro regionale con alle spalle tre legislature in maggioranza ha cominciato la sua potente ascesa verso la poltrona di Delhi che fu del bisnonno Nehru, di nonna Indira, di suo padre Rajeev.

Ma tra le spine della corona di Rahul - reduce da 4 anni poco impressionanti come vicepresidente - ce n'è un'altra da non sottovalutare, un terzo incomodo semisconosciuto all'estero di nome Hardik Patel capace di influenzare questa e altre elezioni. Difatti Rahul sta tentando con questo astuto populista di soli 24 anni una difficile e imbarazzante alleanza contro il Bjp, anche se Patel un anno fa portò in piazza tra violenze e scontri con morti 500mila cittadini di Ahmedabad e del Gujarat con lo stesso suo cognome, gente d'alto censo che chiedeva quote di lavoro e studio riservate alle caste inferiori.

Molti si domandano come farà Rahul a conciliare lo spirito dei suoi antenati che si batterono per assegnare le quote ai poveri con la richiesta dei Patel e altre caste superiori di concederle a tutti o a nessuno. Ma qualunque sia il livello degli ostacoli da qui alla possibile ennesima svolta politica del grande Continente (progressisti del Congresso e religiosi si sono alternati per decenni), non esistevano candidati alternativi interni al partito dei Gandhi. Quando oggi sono scaduti i termini per presentare le candidature, nella lista c'era solo un nome, Rahul VI.

Mamma Sonia, che nel 2004 aveva già rinunciato alla poltrona di premier per darla a un altro mentore di Rahul, il sikh Manmohan Singh, resterà alla guida del gruppo parlamentare del Congresso dopo aver servito ben 19 anni come presidentessa e capo dell'alleanza di governo. Con questo bagaglio guiderà suo figlio passo per passo tra i marosi della politica indiana della quale l'"italiana" Sonia è sempre stata considerata una grande esperta, e lo proteggerà per quanto possibile come una chioccia finché la cagionevole salute glielo permetterà. Sia lei che gli 89 leader firmatari della lettera di candidatura di Rahul sono certi che prima o poi il loro prescelto riporterà un Gandhi sul trono di un miliardo e 200mila sudditi. Anche l'ex principe riluttante se ne è convinto, ha ancora solo 47 anni e pensa che prima o poi gli indiani si stuferanno anche di Modi. Ma chissà se prenderne il posto sarà facile come ottenere la poltrona di mamma.