Esteri

La Cina minaccia Trump sui dazi: "È guerra commerciale, pronti a rispondere"

Il ministro degli esteri cinese Wang Yi (ap)
Le misure restrittive Usa su acciaio e alluminio irritano Pechino: "Nell'epoca della globalizzazione questo conflitto danneggerebbe tutti"
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PECHINO - La Cina è pronta a rispondere in maniera "giustificata e necessaria" alle tariffe di Donald Trump. L'avvertimento, la replica più dura arrivata finora da Pechino ai dazi su acciaio e alluminio annunciati del presidente americano, è venuto dal ministro degli Esteri Wang Yi, in una conferenza stampa a margine della sessione annuale dell'Assemblea del Popolo. "Una guerra commerciale non è mai stata il modo giusto per risolvere i problemi, soprattutto nell'epoca della globalizzazione", ha detto Wang. Un conflitto di questo tipo "danneggerebbe tutti".

Dopo la controffensiva dell'Unione europea, arriva quindi quella, pure più temibile, del Dragone. Nei confronti di Pechino Trump ha annunciato un piano di contrasto alle pratiche commerciali scorrette molto più ampio delle sole sanzioni su acciaio e alluminio, settori in cui la Cina rappresenta una minima quota dell'import americano. L'obiettivo del presidente Usa - contro il quale sono arrivate anche le dimissioni del principale consigliere economico Cohn - è il presunto furto di proprietà intellettuale compiuto dalle imprese cinesi a danno di quelle americane, su cui la sua amministrazione sta conducendo una indagine. La contromisura americana potrebbe essere uno stop agli investimenti esteri cinesi negli Stati Uniti e nuove tariffe su un ventaglio molto vasto di prodotti. Ma in un conflitto del genere, anche la Cina avrebbe delle armi efficaci da mettere in campo, a cominciare dal blocco delle importazioni di prodotti agricoli americani.

Intanto i dati diffusi proprio oggi dall’Agenzia delle dogane rivelano che la macchina dell’export cinese corre come non mai. A febbraio le esportazioni verso il resto del mondo sono cresciute addirittura del 44,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre le importazioni sono aumentate del 6,3%, sotto le stime degli analisti. Numeri in parte distorti dal calendario, visto che il Capodanno cinese nel 2017 è caduto a gennaio e quest’anno a febbraio, ma che potrebbero dare a Trump e ai falchi della sua amministrazione ulteriori argomenti per una stretta su Pechino.

Una escalation nella guerra commerciale tra le due maggiori potenze economiche globali è una prospettiva che spaventa la comunità internazionale, perché produrrebbe effetti a catena ben oltre i loro confini. Con l'ulteriore effetto di complicare le trattative tra Stati Uniti e Nord Corea sulla denuclearizzazione del regime di Kim Jung-un, in cui la Cina gioca un ruolo decisivo. Dopo l'apertura arrivata da Pyongyang, Wang Yi ha incoraggiato i due Paesi "a dialogare il più presto possibile". Ma ha aggiunto che dovranno essere affrontate le preoccupazioni sulla sicurezza di tutti gli attori, "Corea del Nord compresa". Il punto è decisivo, visto che la formula "denuclearizzazione contro sicurezza", dal punto di vista di Kim, potrebbe significare il ritiro delle truppe americane di base in Corea del Sud. Una prospettiva che a Pechino certo non dispiace, ma altrettanto sicuramente sarebbe irricevibile per gli Stati Uniti. Giovedì una delegazione di Seul, la stessa del trionfale incontro con Kim, è partita alla volta di Washington, dove incontrerà il segretario di Stato Rex Tillerson e il consulente per la sicurezza nazionale di Trump McMaster.