Esteri

Colombia, prime elezioni dopo la storica pace: in corsa anche le Farc

I preparativi ai seggi elettorali in Colombia (ansa)
L'accordo dell'Avana riserva alla ex guerriglia dieci parlamentari. Sondaggi incerti, ma sembrano in vantaggio i liberali e la sinistra
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RIO DE JANEIRO - Per la Colombia è un appuntamento storico. Settant'anni dopo l'ondata di violenze del "bogotazo", quelle che diedero il via a tutto, a 52 dalla nascita delle Farc, il paese dell'eterna lotta tra liberali e conservatori, la terra di Pablo Escobar, delle bombe, dei sequestri, delle scorribande dei paramilitari, ma anche la culla di maestri come Gabriel Garcia Márquez e Ferdinando Botero, vota per rinnovare il suo Congresso. E' la prima elezione con la pace, quella sancita dall'accordo tra l'esercito di ex combattenti e il governo di Juan Manuel Santos.

Il nuovo partito della guerriglia, rinato con lo stesso acronimo, Farc, Fuerza Alternativa Revolucionaria del Común, ha dovuto rinunciare alla candidatura del suo vecchio leader. Rodrigo Londoño, alias Timochenko, si è sentito male. Non ha retto allo stress della nuova vita nell'arena politica ufficiale. Il suo cuore malandato lo ha costretto a gettare la spugna.  Lo sostituiscono Iván Marquez e Carlos Antonio Lozada, numero due e tre rispettivamente della vecchia organizzazione. Non hanno molti consensi: i sondaggi si attestano tra l'1,5 e il 2 per cento. Sono odiati. Ci vuole tempo per dimenticare gli orrori commessi.

L'accordo de L'Avana riserva all'ex guerriglia 10 parlamentari: occuperanno cinque seggi alla Camera e cinque al Senato. Una clausola, sancita nella firma di Cuba del settembre 2016, che ha fatto polemica. Perché gli eletti tra le file del Farc entreranno nel Tempio della politica legale colombiana senza essere passati per i Tribunali della Giustizia speciale per la Pace, gli organismi giuridici creati proprio per esaminare le posizioni dei singoli ex combattenti e comminare le eventuali pene per i reati, spesso gravissimi, che hanno commesso. I dieci deputati e senatori non avranno certo la forza numerica per far approvare dei provvedimenti nella prossima legislatura. Ma conserveranno diritto di voto e di parola. Parteciperanno al dibattito e faranno sentire la loro voce. Un banco di prova per uomini e donne che da almeno 20 anni vivevano nella giungla, sempre in movimento, armi in pugno e che adesso si dovranno confrontare con una nuova realtà.

Le elezioni saranno un'occasione di riscatto per una società rimasta prigioniera per messo secolo della sua violenza, lacerata dalle divisioni, dagli omicidi, da un odio che è cresciuto e che ancora adesso fatica a scemare. Solo pochi mesi un referendum fra i colombiani aveva respinto l'accordo di pace con la guerriglia, poi approvato con un voto in Parlamento. Nel 2017 sono stati assassinati oltre 200 attivisti rurali e leader contadini. La maggioranza vuole voltare pagina. Ma ci sono forze politiche, imprenditoriali e settori conservatori della Chiesa che frenano. Sullo sfondo della campagna elettorale ha aleggiato sempre lo spettro del chavismo. Una minaccia che fa presa, condita da tante bugie e solite fake news.

Con l'ingresso della ex guerriglia, il Parlamento cresce di numero. Il Senato avrà 108 seggi, la Camera 172. Oltre agli eletti del partito conservatore e di quello liberale, ci saranno alcuni rappresentanti delle comunità indigene e di colore, presenti a maggioranza nelle regioni della costa caraibica. Questi si candideranno in alcune circoscrizioni speciali create proprio per far esprimere ai residenti le preferenze che altrimenti sarebbero disperse nel resto del Paese.

I partiti che li rappresentano non dovranno superare la soglia del 3 di voti per entrare in Parlamento così come previsto per tutti gli altri. Un'eccezione per non lasciare escluse alcune fette importanti della popolazione, quelle più isolate e più povere. Ci sono due tipi di liste: la prima, aperta ai singoli candidati che si presentano sotto il partito di riferimento; la seconda, chiusa. Gli elettori votano per il partito e passano i capilista.
I sondaggi sono incerti. Propendono per una vittoria di misura dei liberali e della sinistra. Il candidato di punta è Gustavo Petro, l'ex sindaco di Bogotà, un personaggio eclettico che ha fatto discutere in passato e continua a farlo adesso. Dalle urne potrebbe uscire anche una maggioranza di centro destra che confermerebbe l'anima tradizionalmente conservatrice del paese sudamericano. Qui spiccano due personaggi: Marta Lucía Ramírez e Ivan Duque, legati all'ex presidente e nemico giurato dell'accordo di pace Alvaro Uribe. I risultati segneranno la strada per l'appuntamento più atteso: il 27 maggio si sceglie il nuovo presidente.