Esteri

India, la rivolta dei "Dalit" contro i soprusi finisce nel sangue: nove morti e centinaia di feriti

In migliaia lungo le strade di cinque stati del paese per protestare contro una sentenza della Suprema Corte che indeboliva i diritti dei "fuoricasta"

3 minuti di lettura
BANGKOK - Almeno nove persone sono state uccise e centinaia ferite quando la rabbia dei Dalit fuoricasta dell’India è esplosa lunedì per le strade di cinque stati del paese. Nello stesso giorno il governo del Bjp di Narendra Modi presentava una petizione contro una sentenza della Corte Suprema che è stata la causa della ribellione. Ma era ormai troppo tardi. Con una scelta che non mancherà di mantenere alta la tensione anche nel prossimo futuro, i giudici avevano indebolito di un colpo la serie delle norme di legge che permettono l’arresto immediato di un individuo o gruppo di alta casta, compresi impiegati del governo e va da sé poliziotti, accusatI di un grave crimine (“atrocità”) contro i gruppi protetti dalla costituzione come i Dalit, i tribali e le “Altre caste arretrate”. "Se n’è gravemente abusato", hanno tagliato corto i giudici, calcolando nel 15-16% il numero delle denunce false presentate nel 2015, con molti altri casi legati a regolamenti di conti personali. Da qui la decisione che ha scatenato una rivolta dei Fuoricasta con pochi precedenti per vastità e immediatezza della risposta subito salutata dal leader del Congresso Rahul Gandhi come un diritto: "Mantenere i dalit nel gradino più basso della società indiana è nel dna dell'RSS / BJP -  ha detto - chiunque osi sfidare questa posizione viene represso con violenza".

Il tono del neo presidente del Cogresso non è inusuale da quando disse che era “il Soldato” dei dalit a Delhi, ma il momento potrebbe essere delicato per tentare un esperimento populista come quello fallito nel Gujarat con l’alleanza alla casta superiore dei Patel. Gli esponenti del partito religioso del Bjp lo hanno subito definito un “avvoltoio politico” anche se in ballo ci sono reali e antichi problemi diffusi dal sud del Tamil Nadu alle frontiere del nord ovest. Molte comunità dalit vivono comunemente segregate soprattutto nelle aree rurali in ghetti senza poter usare pozzi e templi di “bramini, guerrieri e commercianti”, i tre gruppi sociali superiori.
Proprio grazie alle leggi e alle quote di studio e di lavoro la vasta e complessa comunità di oltre 200 milioni di “Intoccabili” ha iniziato negli anni passati a godere di alcuni privilegi che vengono ancora visti dagli “aristocratici” con fastidio e rabbia. Un giovane dalit è stato ucciso due giorni fa in Gujarat  - lo stato del premier Narendra Modi - perché possedeva un cavallo simbolo di ricchezza e status, scatenando gelosia e rancore.  Ma quasi ogni giorno esplodono tragedie, soprattutto quando una donna di alta casta vuole sposare un dalit arricchito, con suicidi, delitti, perfino stragi di intere famiglie e gruppi.

In questo clima, nonostante i possibili abusi denunciati dalla Corte, le leggi permettevano quantomeno a chi ne era informato di fermare o minacciare con l’autorità della legge chiunque volesse fargli un abuso. Ora praticamente dovrà attendere una settimana prima di veder arrestato il sospetto mentre la polizia svolgerà l’indagine. Nella speranza che l’indiziato non lo uccida prima, o che non fugga. Inoltre, a differenza di adesso, in caso di conferma dell’arresto da parte dei superiori o del giudice, l’imputato potrà comunque ottenere di uscire su cauzione.

Da qui la violenza che inevitabilmente esplode quando gruppi numerosi come gli “Intoccabili” ormai consapevoli dei propri diritti si sentono nuovamente abbandonati alla mercé di una parte della società che non puo’ nemmeno sfiorare la loro ombra, ma acquisisce le loro terre, o li usa per i lavori più umili, negando ai loro figli l’istruzione offerta ai propri. L’impatto del “Bharat Bandh”, sciopero dell’India, si è sentito soprattutto in Madhya Pradesh, con sei dei nove morti di lunedì, in Uttar Pradesh con due vittime in questo Stato retto da un alto bramino capo ministro del Bjp, uno in Rajasthan e Punjab. A migliaia si sono scontrati con gli agenti e bloccato il traffico ferroviario e stradale, distrutto o bruciato posti di polizia e veicoli. Riportata la calma apparente nei due stati più caldi con 800 forze anti-sommossa, tra le centinaia di arresti effettuati su carta bianca del ministro dell’Interno c’è quello di un deputato del partito di Mayawati Kumari, una delle più popolari leader Dalit che è stata più volte premier dell’Uttar Pradesh dove ha costruito il primo tempio dedicato ai leader fuoricasta del passato.

Secondo il Bjp c’è lei e il suo seguito dietro le rivolte nello Stato, ma anche altrove si sono verificati incidenti “motivati politicamente”, hanno detto i leader. In ogni caso ai primi fuochi di guerriglia il governo ha presentato una petizione alla Corte Suprema per chiederle di rivedere i cambiamenti apportati alle leggi contro le “atrocità” verso i più deboli. Anche se troppo tardi vuole impedire che il fuoco dilaghi in un movimento politico magari appoggiato dal Congresso di Gandhi e capace di togliere al partito di Modi l’attuale certezza di vincere anche il prossimo anno. Nel frattempo non sono finiti i rischi di situazioni incontrollabili visti i lunghi tempi di revisione delle leggi dopo ogni sentenza della Corte.