Esteri

India, star di Bollywood uccide due gazzelle e finisce in carcere

(reuters)
Salman Khan, uno dei divi del cinema asiatico più pagati e amati, non è nuovo a questo tipo di accuse. Era già finito in cella per una strage di antilopi.  Questa volta è stato condannato a cinque anni di detenzione
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BANGKOK - Salman Khan è uno dei più venerati e pagati attori star di Bollywood, ma il suo status non sembra poterlo salvare stavolta da una condanna a cinque anni di carcere per bracconaggio, una sua vecchia passione. Già stanotte dormirà in una cella della prigione centrale di Jodhpur dove la corte gli ha inflitto oggi una sentenza attesa da 20 anni per aver ucciso due gazzelle. E’ una brutta storia che lo insegue da quando nel 1998 andò a girare uno dei suoi tanti film di cassetta a Jodpur nel Rajasthan e durante una pausa uccise assieme a 4 amici attori del cast due piccole gazzelle di una specie protetta.

Forse non sapeva che per la sua caccia aveva scelto quella volta (in altri due casi simili era stato assolto) il territorio più pericoloso dell’India, dove ben pochi bracconieri riescono a farla franca se vengono scoperti da qualche membro della tribù dei Bishnoi, soprannominati “le sentinelle del deserto” e seguaci di una religione ambientalista antica di sei secoli dove la gazzella ha un ruolo molto importante. Sono stati infatti proprio loro a scoprire il delitto e riferire alle autorità tutte le fasi della caccia e del tentativo di Khan con gli altri quattro imputati e co-star di scappare abbandonando le carcasse nella boscaglia vicino a un villaggio Bishnoi.

Ma mentre gli altri attori sono stati assolti solo Salman Khan – che avrebbe sparato nel branco su incitazione dei suoi compagni - ha ottenuto una condanna pesante, nonostante i suoi tentativi di fornire una versione giudicata poco credibile dai giudici, sostenendo che il fucile trovato in suo possesso era innocuo e che in realtà lui alle gazzelle aveva appena dato da mangiare dei biscotti, deducendone che forse erano morte per "eccesso di cibo", oppure sbranate dai cani. A smentirlo si sono presentati a corte – dove l’attore sedeva con i co-imputati prosciolti – tutti i 28 testimoni Bishnoi che vivevano lì attorno al villaggio di Kankani dove si sono svolti i fatti, a cominciare da un uomo che curava tutti gli animali del bosco come missione religiosa e che non solo ha riconosciuto il celeberrimo Khan e le altre famose co-star, ma ha anche preso il numero di targa della loro jeep Gipsy. Allertati dal rumore altri abitanti hanno visto l’auto andarsene e hanno organizzato una sorta di inseguimento prima di andare alla stazione della polizia dove sono state consegnate le carcasse degli animali e raccolte le testimonianze.

La loro perseveranza ha convinto i giudici della colpevolezza di Khan anche se da anni l’attore ha cercato di ricostruire la sua immagine donando molti fondi a organizzazioni di beneficienza e promuovendo nei film l’immagine del bravo ragazzo. Ora si attende l’esito dell’udienza per l’eventuale sua uscita su cauzione che pero’ in questo caso sembra improbabile, perché è prevista solo per condanne fino ai tre anni.
Khan era presente alla corte di Jodhpur insieme ai suoi co-protagonisti nel film e nella serata brava di caccia, Saif Ali Khan, Tabu, Sonali Bendre e Neelam. Ma solo lui è uscito con la scorta e dovrà dire addio al jet set che gli ha espresso vasta solidarietà, ospite dello stesso carcere del sedicente “uomo santo” Asaram Bapu accusato di stuprare le discepole, tra assassini e terroristi del Kashmir da poco trasferiti a Jodhpur.

Per nulla impietositi e in attesa fremente del verdetto, c’erano tra il pubblico soprattutto Bishnoi per i quali l’uccisione di una gazzella non è diversa dall’assassinio di un essere umano. Nel XVIII secolo una donna della tribù seguace del primo guru ambientalista dell’India di nome Jambaji Bhagawan si fece uccidere dalle guardie del re di Jodhpur mentre abbracciava uno degli alberi che il re voleva tagliare per costruire il suo nuovo castello. Più di 300 Bishnoi la seguirono in quel gesto di martirio che il re apprezzò al  punto da rendere le loro regioni “aree protette” – lo sono ancora oggi - nominandoli “guardiani del deserto”. In India si dice che senza i Bishnoi rimasti a proteggere alberi e bestie nell’era della prima desertificazione, grandi parti del Rajasthan oggi sarebbero invivibili. Il gesto della donna uccisa dai soldati ha dato in tempi più recenti il nome al più vasto movimento ambientalista dell’India, il Cipko, che vuol dire abbracciare.