Esteri

Alfie, parla il sacerdote italiano che lo veglia: "Anche io non mi arrenderei davanti ai giudici"

Don Gabriele Brusco nella hall dell'ospedale 
Don Gabriele Brusco è una sorta di inviato del Vaticano, senza investitura ufficiale, che assiste la famiglia Evans nella battaglia per trasferire il bambino a Roma
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"Tom e Kate si sono sentiti nuovamente traditi dal loro stesso paese. Ma i genitori del piccolo Alfie non si fermano alla decisione presa oggi dai giudici dell'Alta Corte reale. Mi hanno detto che andranno avanti, continueranno a lottare contro tutto e tutti, percorrendo qualsiasi strada possibile per fare in modo che loro figlio venga trasferito in Italia, sotto le cure dei medici del Bambin Gesù di Roma".
 
A dirlo è don Gabriele Brusco, il sacerdote italiano giunto da Londra dove è attivo da alcuni anni in una piccola parrocchia della capitale inglese. Nei giorni scorsi il prete ha ricevuto la richiesta da parte di monsignor Cavina, vescovo della Diocesi di Carpi ed ex diplomatico della Santa Sede, di assistere in questi delicati momenti la famiglia Evans, dopo che i due genitori sono stati accolti lo scorso 18 aprile da Papa Francesco, il quale ha offerto ufficialmente la disponibilità dell'ospedale Bambin Gesù a prendere in cura Alfie.
 
"Cerco di essere il più possibile nella stanza con il piccolo - racconta don Gabriele - ; è in condizioni critiche ma stabili. Ha mostrato anche nella giornata di oggi quanto sia attaccato alla vita, cercando di respirare da sé, dato che l'assistenza delle macchine come è ben noto sta sempre più venendo meno. Nei giorni scorsi il bimbo ha respirato in maniera autonoma per quasi dieci ore, ma poi si è tornati a fornirgli ossigeno attraverso una cannula". Don Gabriele parla nella hall dell'Alder Hey Children's Hospital di Liverpool, pochi minuti dopo la lettura della sentenza della Corte d'appello reale che ha rigettato il nuovo ricorso presentato dai legali dei due genitori.
 
Il sacerdote appare provato anche lui dalla pressione e dalle attenzioni attorno al caso. Lui si ritrova catapultato dentro una vicenda nella quale per le autorità britanniche lui non riveste alcun ruolo ufficiale, mentre di fatto sta rappresentando il Vaticano all'interno della struttura sanitaria inglese, e quindi anche il "Bambin Gesù".
 
"Tom e Kate più volte mi hanno detto che ringrazieranno per tutta la vita l'Italia . dice don Gabriele - per il supporto che gli sta fornendo, unico paese che ha mostrato vera sensibilità e attenzione nei riguardi del loro Alfie. Mi chiedono di pregare continuamente per lui, facendogli sentire la mia presenza anche solo appoggiandogli la mano sulla fronte".
 
Nel frattempo l'ospedale pediatrico di Liverpool continua a essere presidiato all'esterno dalla stampa internazionale e da numerosi attivisti, e all'interno da decine di poliziotti vigili impegnati a evitare che si creino disagi agli altri piccoli pazienti, ai familiari ed al personale sanitario.
 
"C'è un clima di forte tensione - aggiunge don Gabriele - ma ciò che a me preme maggiormente è offrire tutto il mio supporto ad Alfie e alla sua famiglia. Rimarrò qui accanto al suo letto anche nelle prossime ore e nei prossimi giorni fin quando dalla Santa Sede non riceverò nuove indicazioni. E' il minimo che possa fare come prete e come uomo perché, se fossi stato anche io un padre così come lo è Tom, avrei fatto di tutto per salvare mio figlio senza mai arrendermi anche di fronte alla sentenza di un giudice che non mi sta permettendo di ricevere il sostegno da chi vuol aiutare mio figlio in fin di vita".