Esteri

Groenlandia, premier confermato tra povertà e voglia di indipendenza

Sara Olsvig, leader della sinistra radicale, alle urne (ap)
Il 70 per cento dei groenlandesi sogna un decollo sull´esempio islandese, ma il problema è come arrivarci rendendo la sovranità finanziabile senza piú ricevere, in futuro, i sussidi danesi
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In Groenlandia la sinistra radicale guidata da una donna carismatica, Sara Olsvig, ha  perso le elezioni svoltesi ieri. Il premier uscente Kim Kielsen, socialdemocratico moderato, ha vinto le consultazioni avvenute sullo sfondo di voglia d´indipendenza e gravissimi problemi sociali ed economici nell´isola piú grande del mondo. Secondo i dati provvisori diffusi dalla radio locale KNR (Kalaallit Nunaata Radioa) e dal sito di Sermitsiaq, il principale giornale groenlandese, e relativi a quasi trentamila voti espressi su 40mila aventi diritto, il partito di Kielsen, il Siumut, ha avuto il 27,2 per cento confermandosi primo partito ma perdendo molti consensi rispetto al 34 per cento del 2014.

Il 25,5 per cento sono andati a Inuit Ataqatigiit, la forza socialista di sinistra della signora Olsvig. Terzi al momento i democratici con il 20 per cento. Nella notte ora locale - l´ora locale groenlandese è quattro ore addietro rispetto a quella del Centroeuropa e italiana - Sara Olsvig in persona ha ammesso la sconfitta.

Il premier riconfermato ha dunque ottenuto un secondo mandato, ma gli osservatori ritengono che dovrà riformare una coalizione di larghe intese con la rivale per assicurare ai groenlandesi una governabilità sostenuta da una vasta maggioranza, indispensabile ad affrontare sfide e problemi del paese. La Groenlandia, colonia danese fino al 2009 e da allora territorio autonomo del piccolo, prospero regno scandinavo, aspira all´indipendenza.

Dal 2009 formalmente il suo governo locale, insediato nella capitale Nuuk, e che usa come nome ufficiale del paese il termine inuit (idioma eschimese) Kalaallit Nunaat, ha la sovranità anche nella politica economica e nello sfruttamento delle risorse. Nuuk spera in forti investimenti occidentali e cinesi specie perché tutti presumono che l´enorme isola abbia nel suo sottosuolo e nelle coste giacimenti petroliferi e grandi scorte di materie prime preziose, incluse le cosiddette terre rare e altri materiali indispensabili alla produzione di cellulari, computer e parti di auto elettriche.

Finora però gli investimenti non sono arrivati, perché i sussidi pagati dalla Danimarca consentono alla Groenlandia di sopravvivere, ma non bastano a costruire una rete d´infrastrutture trasporti e web che sarebbe indispensabile agli operatori economici internazionali. Copenhagen ha persino negato i 600 milioni di euro circa necessari alla costruzione di un aeroporto internazionale a Nuuk, il quale sarebbe vitale per far decollare il turismo come nell´Islanda indipendente dal Dopoguerra. Esiste solo una pista in un piccolo centro ben distante capace di accogliere jet a lungo raggio, poi da lá si prosegue per Nuuk con minuscoli turboelica con una ventina di posti passeggeri al massimo, affrontando venti e tempeste.

La Groenlandia ha un alto tasso di disoccupazione e povertà, vive solo di pesca ma manca di un welfare e di strutture di pubblica istruzione adeguate a formare un'élite per cui i suoi giovani se vogliono conseguire laurea e dottorato devono puntare agli atenei danesi o di altri paesi dell´emisfero settentrionale. Se divenisse indipendente restando nella Ue di cui fa parte di fatto tramite il protettorato con autonomia danese, sarebbe il paese piú povero d´Europa. L'inuit, idioma eschimese appunto, è lingua ufficiale accanto al danese. Il 70 per cento dei groenlandesi vuole l´indipendenza sognando un decollo sull´esempio islandese, ma il problema è come arrivarci rendendo la sovranità finanziabile senza piú ricevere, in futuro, i sussidi danesi.