Esteri

Cina, la disperazione della vedova di Liu Xiaobo: "Preferisco morire"

Liu Xia aspetta da mesi il visto per espatriare, ma è di fatto prigioniera in casa. In una rara telefonata tutta la sua disperazione dopo la morte del marito, dissidente e premio Nobel per la Pace

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PECHINO - "Morirò nella mia casa. Xiaobo se ne è andato, e non c'è più nulla al mondo per me ora. È più facile morire che vivere, usare la mia morte per oppormi non potrebbe essere più semplice per me". È riuscita a dire questo  Liu Xia, prima di scoppiare a piangere di un pianto ininterrotto. In preda a una depressione acuta che non può curare, costretta nella sua casa di Pechino dal 2010 dalle autorità cinesi senza nessuna accusa, se non la colpa di essere la moglie del dissidente e premio Nobel Liu Xiabo, morto in carcere senza assistenza lo scorso luglio.

A rivelare il suo messaggio disperato, mandato durante una conversazione telefonica del 30 aprile, è stato ieri l'amico Liao Yiwu, scrittore in esilio in Germania, che ne ha pubblicato un resoconto e un frammento registrato su ChinaChange.org, sito che ospita le battaglie per i diritti civili in Cina.

La denuncia arriva dopo che le trattative con la Cina per liberare Liu Xia e farle lasciare il Paese, condotte da Berlino, sembravano essere a un passo dal successo. Diverse fonti, compreso lo stesso Liao Yiwu, hanno rivelato che ormai da mesi le autorità cinesi hanno promesso alla vedova dello scrittore che potrà espatriare, salvo rinviare la data oltre il 19esimo congresso del Partito (dicembre) e le Due sessioni dell'Assemblea del Popolo (febbraio), gli appuntamenti che hanno consacrato Xi Jinping presidente a vita. All'inizio di aprile l'accordo con il ministero degli Esteri tedesco pareva ormai trovato, a condizione di non dare visibilità mediatica al suo arrivo in Germania e recuperarla in gran segreto all'aeroporto. Per Liu Xia, fotografa, è pronta una casa e una Borsa di studio per artisti. Il primo di aprile, alla vigilia del 57esimo compleanno della donna, l'ambasciatore tedesco a Pechino l'ha addirittura chiamata girandole gli auguri di Angela Merkel e invitandola a giocare presto a badminton a Berlino, segno che la libertà era vicinissima. "Abbiamo tutti aspettato tranquilli e silenziosi", ha scritto Liao Yiwu. Che invece ora, in assenza di passi avanti e dopo la struggente telefonata del 30 aprile, ha deciso di parlare pubblicamente.

Questa decisione, senza dubbio meditata con attenzione nei circoli che lavorano per liberare Liu Xia, potrebbe significare che le trattative si sono completamente arenate. Si vedrà. Le autorità cinesi continuano a sostenere contro ogni evidenza che l'artista è libera di muoversi liberamente. Nella registrazione e nella trascrizione della telefonata l'amico Liao la invita a presentare nuovamente una domanda di espatrio, l'ennesima. Allo stremo, Liu Xia replica che è inutile, di non avere neppure un cellulare o un pc per scriverla, nessun modo per inoltrarla alle autorità. Alla fine promette di prepararla e consegnarla il giorno successivo: "Sono così arrabbiata che sono pronta a morire qui", dice soffiando lacrime e ira nella cornetta. Poi sono solo singhiozzi disperati, quelli di una donna a cui è stato tolto tutto.