Esteri

Gaza, ancora due palestinesi uccisi. Tra le vittime di ieri anche una neonata. Turchia espelle ambasciatore israeliano

Manifestazioni palestinesi ieri a Gaza 
Dopo la carneficina durante la protesta contro l'apertura dell'ambasciata Usa a Gerusalemme, violenza anche nel giorno della Nakba: i feriti sono 250. Offensiva diplomatica di Erdogan, mentre l'Europa muove in ordine sparso. Macron chiama Netanyahu per difendere il diritto dei palestinesi a protestare pacificamente. Merkel invece condanna "l'abuso" di quel diritto. Ambasciatrice Usa all'Onu: "Nessuno di noi più moderato di Israele"
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GERUSALEMME - La scia di sangue a Gaza non si arresta dopo la grande protesta inscenata dai palestinesi in coincidenza dell'inaugurazione dell'ambasciata americana a Gerusalemme. Dopo le 61 vittime di ieri, oggi due manifestanti palestinesi sono morti sotto il tiro delle forze di sicurezza israeliane durante la nuova protesta nel giorno della Nakba, il colossale esodo di 700 mila palestinesi dopo la creazione dello Stato di Israele nel 1948. Il ministero della Sanità della Striscia parla anche di 250 feriti.

Mentre l'Olp proclama tre giorni di lutto per i funerali di molte delle vittime di Gaza che in giornata troveranno sepoltura, a New York si è tenuta una riunione del Consiglio di Sicurezza dedicata alle violenze. L'ennesima esibizione di impotenza nella gestione della crisi mediorientale. I rappresentanti dei Paesi europei membri del Consiglio di Sicurezza (Gran Bretagna, Francia, Svezia, Polonia, Paesi Bassi) insieme a Italia, Germania e Belgio, hanno letto una dichiarazione congiunta in cui chiedono "a tutte le parti di intraprendere passi immediati per la de-escalation e di esercitare moderazione: Israele deve evitare un uso eccessivo della forza e Hamas ha la responsabilità di evitare provocazioni".

Al documento, l'ambasciatrice Usa all'Onu, Nikki Haley, ha risposto definendo equilibrato il comportamento tenuto dalle forze di sicurezza di Israele e scaricando ogni responsabilità su Hamas. "Nessun Paese in questa sala agirebbe con moderazione maggiore. Le violenze provengono da chi rifiuta l'esistenza dello stato d'Israele in ogni luogo". Soprattutto, Haley ha negato la connessione tra l'accaduto e l'apertura dell'ambasciata Usa: "La sede diplomatica (trasferita a Gerusalemme) non pregiudica le prospettive di pace. Ma per qualcuno (Hamas) l'apertura è stato un pretesto" per "spingere la gente ad avvicinarsi alla recinzione".

Durante la stessa riunione, il Kuwait ha annunciato l'intenzione di presentare una bozza di risoluzione per la "protezione dei civili palestinesi". Il coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, Nikolay Mladenov, si è rivolto a Israele e a Hamas uniformandosi alla posizione europea: chiedendo al primo un "uso della forza calibrato" nella protezione dei suoi confini, al secondo di non "usare le proteste per mettere bombe e compiere atti provocatori", chiudendo con un appello alla comunità internazionale perché "intervenga per prevenire una guerra: la situazione nella Striscia è disperata".

Il governo palestinese, che considera Israele e Usa responsabili del "massacro", si è invece appellato al Consiglio Onu per i diritti umani dell'Onu per "una riunione urgente che decida su una missione internazionale che indaghi sui crimini commessi dalle forze di occupazione militare contro gente inerme". Richiesta accolta: il Consiglio si riunirà venerdì.

Intanto si muove anche la Corte Penale Internazionale dell'Aja. "Adotteremo tutte le misure appropriate" in relazione alle violenze di Gaza, ha dichiarato all'Afp Fatou Bensouda, capo della procura, "il mio staff sta seguendo in modo attento gli sviluppi sul terreno e sta registrando ogni possibile crimine che potrebbe rientrare" nella giurisdizione della Corte.

Per il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, la carneficina al confine della Striscia di Gaza durante la protesta di lunedì evidenzia il bisogno assoluto di una soluzione politica alla crisi mediorientale, ribadendo il credo nella soluzione dei "due Stati, che permetterebbe a palestinesi e israeliani di vivere insieme, in pace e sicurezza".

Oggi pace e sicurezza sono lontanissime. Perché il rischio è che da Gaza la protesta palestinese contagi Gerusalemme Est e la Cisgiordania. La carneficina avvenuta nell'enclave, con un numero di morti che continua a salire, ha infatti scosso ed emozionato il resto della comunità araba in Israele. Anche l'aver appreso che tra le vittime risulta una neonata, Leila al-Ghandour, 8 mesi, morta dopo aver inalato gas lacrimogeni negli scontri fra le forze israeliane e i manifestanti, calcolati in quasi 40 mila, in un villaggio vicino alla barriera che separa la Striscia dai confini israeliani, secondo quanto ha fatto sapere il ministero della Sanità palestinese. Mentre la morte del sedicenne Takak Adel Matar, ucciso stamattina durante ulteriori scontri, porta a otto il numero dei minori uccisi nelle ultime 24 ore.

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A Gerusalemme intanto, ieri blindata per l'apertura della nuova ambasciata americana spostata da Donald Trump "nella capitale d'Israele" come ha detto il capo della Casa Bianca escludendo quindi che la città sia condivisa sotto il profilo istituzionale con la parte araba, Benjamin Netanyahu ha difeso l'operato delle forze militari. Il premier israeliano ha detto che i soldati hanno agito in autodifesa contro Hamas, responsabile di avere portato in 13 diversi punti della barriera una massa di persone con intenti pericolosi. "Tutti i paesi hanno il dovere di difendere i propri confini", ha spiegato. L'Autorità nazionale palestinese, per bocca del suo presidente Abu Mazen, ha invece denunciato il "massacro" e le "oltraggiose violazioni dei diritti umani".

Tutto il mondo sta guardando al Medio Oriente, e dopo le dichiarazioni arrivate ieri, le prime decisioni concrete cominciano ad arrivare da alcuni Paesi e organizzazioni.

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La Turchia, la più veloce a reagire alla decisione di Trump lo scorso dicembre, quando il presidente Recep Tayyip Erdogan andò il 5 febbraio da Papa Francesco ergendosi a rappresentante del mondo musulmano, ha deciso di espellere l'ambasciatore israeliano in Turchia, Eitan Naeh. Il diplomatico, riporta Haaretz, è stato convocato al ministero degli Affari esteri turco ad Ankara e gli è stato chiesto di lasciare il Paese. L'allontanamento del diplomatico segue il richiamo degli ambasciatori turchi a Washington e Tel Aviv. Per tutta risposta, Israele ha espulso "temporaneamente" il console generale turco.

L'iniziativa di Erdogan non si ferma qui. Il presidente turco ha convocato un summit straordinario dell'Organizzazione per la cooperazione islamica (Oic) venerdi a Istanbul per discutere della strage di manifestanti palestinesi a Gaza. Il premier turco Binali Yildirim: "I Paesi musulmani devono rivedere le proprie relazioni con Israele. I Paesi musulmani devono mostrare unità e agire con una sola voce e un solo cuore. La Turchia non è rimasta e non rimarrà in silenzio di fronte a questa barbarie". L'ultima convocazione straordinaria dell'Oic risale allo scorso 13 dicembre, in seguito alla dichiarazione della Casa Bianca di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele.

Sull'atteggiamento da assumere nei riguardi di Israele, l'Europa muove in ordine sparso. Grande irritazione in Belgio, dove il ministero degli Esteri ha convocato l'ambasciatrice di Israele, Simona Frankel, dopo che la diplomatica ha definito "terroristi" tutte le vittime di Gaza. Mentre il premier Charles Michel ha chiesto un'inchiesta internazionale a guida Onu sulle violenze. Il presidente francese Emmanuel Macron, fa sapere l'Eliseo, ha invece chiamato direttamente al telefono il premier israeliano Benjamin Netanyahu per condannare le violenze a Gaza e per riaffermare il diritto dei civili palestinesi di protestare pacificamente.

Decisamente più morbida nei riguardi di Israele è Angela Merkel. Durante una conversazione telefonica con Netanyahu, la cancelliera tedesca ha espresso la sua preoccupazione per la situazione a Gaza, ma ha anche detto di "comprendere il bisogno di sicurezza di Israele" e che a Gaza non si dovrebbe "abusare" del diritto di protestare e di radunarsi per scatenare "disordini". La premier britannica Theresa May, che in un primo tempo aveva chiesto "moderazione" al solo Israele, in conferenza stampa congiunta proprio con Erdogan a Londra ha corretto il tiro rivolgendo lo stesso invito, questa volta, a "tutte le parti" in causa, aggiungendo: "Bisogna urgentemente stabilire i fatti su quanto è accaduto ieri".