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La Brexit vista dal bunker di Churchill: "l'ora più buia" oggi è non perdere l'Europa

Mercati, industria e una parte della politica esortano la premier Theresa May a mantenere almeno un piede della Ue. Ma per i duri e puri guidati da Boris Johnson (grande estimatore di Churchill...) liberarsi dai vincoli dell'Unione si può

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LONDRA – Sulla scrivania, il microfono da cui pronunciava i discorsi alla nazione. Sul comodino, un portacenere con due sigari. Sulla parete di fronte al piccolo letto, una mappa dell’Europa con le posizioni degli eserciti segnate da puntine da disegno. E ai piedi del letto, un vaso da notte. Non c’era acqua corrente, dunque nemmeno c’erano gabinetti, nelle “War Rooms” di Winston Churchill: il bunker da cui il primo ministro condusse la guerra contro il nazismo, dai giorni terribili del Blitz, i bombardamenti della Luftwaffe su Londra, a quelli dello sbarco in Normandia fino alla vittoria finale. Né c’erano finestre: "Tutti fumavano in continuazione, a cominciare da Churchill che consumava 8-10 sigari al giorno”, racconta la guida del rifugio sotterraneo situato nelle fondamenta del Foreign Office, rimasto perfettamente intatto e trasformato in museo. Due piccoli ventilatori nella sala dove si riuniva il governo servivano a migliorare perlomeno la visibilità. La poltrona del premier porta ancora i segni delle sue unghie conficcate sui braccioli: un piccolo indizio della spaventosa tensione che doveva esserci qui sotto. “Cercate di capire”, afferma un cartello di fronte alla poltrona di Churchill, girato verso le sedie di generali e ministri, “che qui non è ammessa la depressione. Non siamo interessati alla possibilità della sconfitta. Essa è inammissibile”.
 
E’ il sentimento che spira da “L’ora più buia”, il film che quest’anno ha vinto due Oscar e sei nomination, con Gary Oldman nella parte del leader britannico, fatto uscire in questi giorni in dvd in Italia dalla Universal Picturs. Resistere contro lo scetticismo, la paura, gli ostacoli, nel lungo momento in cui il Regno Unito si ritrova solo in Europa a fronteggiare un Terzo Reich che ha conquistato l’intero continente: ancora prima che gli Stati Uniti entrino nel conflitto, grazie alla pressioni di Churchill su Roosevelt (una finta toilette, nel bunker, cela la linea calda telefonica con cui il premier parlava direttamente con il presidente americano), e che la Russia apra un secondo fronte a est, capovolgendo le sorti della guerra. E’ un’epoca evocata dall’arte oratoria con cui Churchill infuse speranza e determinazione al suo popolo: “Non ho altro da offrirvi che sangue, fatica, lacrime e sudore… Non ci arrenderemo mai… Comportiamoci in modo che, se l’Impero britannico durerà ancora un migliaio di anni, gli uomini diranno, questa fu la sua ora più bella”.
 
A dare nuova attualità alla figura di Churchill e alla sua formidabile retorica contribuisce oggi la Brexit. Tutta l’Europa, buona parte del resto del mondo e circa metà della Gran Bretagna, compresi i cosiddetti poteri forti, la City, la Confindustria, il Financial Times, la camera dei Lord, ammoniscono che lasciare la Ue, come sancito di misura (52-48 per cento) dal referendum di due anni or sono, sarà un disastro. Tutti esortano il governo di Theresa May a mantenere almeno un piede nella Ue, restando nel mercato comune (come la Norvegia) o almeno nell’unione doganale (come la Turchia). Ma i brexitiani duri e puri, guidati dal ministro degli Esteri Boris Johnson, insistono che non solo è possibile sopravvivere da soli ma che un grande futuro attende questo paese una volta liberato dalle catene della Ue: citando Churchill per dimostrare che “l’ora più buia” può diventare “l’ora più bella”. Non a caso Johnson è da sempre un grande ammiratore del premier del tempo di guerra, su cui ha scritto il suo ultimo libro.
 
Il problema è che, per citare Churchill, l’Impero britannico non è durato “ancora un migliaio di anni”: la vittoria nella seconda guerra mondiale fu seguita dalla decolonizzazione e il British Empire svanì. Il Commonwealth che ne ha preso il posto, riunendo le ex-colonie, non è un’alleanza militare, non è un’unione economica, in effetti non si sa bene a cosa serva, se non a coltivare tra gli inglesi la nostalgia della grandezza imperiale. Come notano molti storici, “l’ora più bella” della vittoria sul nazismo non segnò il trionfo dell’Impero britannico bensì il suo declino, simboleggiando il passaggio di consegne dalla potenza dominante del diciannovesimo secolo, il Regno Unito, a quella del ventesimo, l’America. Nel luglio 1945, pochi mesi dopo la fine della guerra di cui era stato l’eroe, Churchill perse il potere, sconfitto alle elezioni dal laburista Clement Attlee. Succederà lo stesso ai brexitiani?