Esteri

Afghanistan, ultimo fronte: il massacro degli sciiti dietro la guerra Isis-Taliban

Il rapporto del Dipartimento di Stato americano: in aumento gli attacchi ai luoghi di culto. La comunità ritenuta responsabile dai jihadisti di avere inviato propri uomini a combattere il Califfato in Iraq e in Siria

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Sono gli sciiti a pagare per primi la sfida dello Stato Islamico-Provincia di Khorasan ai Taliban per l’egemonia della jihad violenta in Afghanistan. A indicarlo con decisione è il rapporto 2017 sulla Libertà religiosa, pubblicato dal Dipartimento di Stato: secondo il documento del governo americano, l’anno scorso gli integralisti hanno sferrato almeno 13 attacchi contro i luoghi di culto e di riunione della comunità sciita, facendo oltre 200 morti e circa 300 feriti.

I dati della missione Onu in Afghanistan confermano che le vittime negli attentati contro i luoghi di culto sono quasi raddoppiate: secondo l’agenzia Unama, 18 attentati sono stati rivendicati dall’Isis-Khorasan e 20 dai Taliban.

Non è ben chiaro quanti siano gli sciiti in Afghanistan: non ci sono dati ufficiali, ma secondo i loro leader religiosi, la comunità “vale” il 20-25 per cento della popolazione. Gli imam sunniti, di contro, la stimano al 10 per cento complessivo. In grandissima parte gli sciiti sono di etnia hazara: durante la guerra civile i Taliban hanno assediato e poi espugnato la loro roccaforte Bamiyan, avviando una vera “pulizia etnica” contro la minoranza che considerano eretica.

Ma oggi il peggior nemico della comunità sciita è lo Stato Islamico-Provincia di Khorasan: seguendo la prassi a suo tempo predicata da Abu Bakr al Naji e messa in pratica in Iraq da Abu Musab al Zarqawi, la “gestione della barbarie” prevede che non ci sia pietà per i civili. E la ferocia contro gli sciiti è giustificata, secondo la lettura dei fondamentalisti che hanno giurato fedeltà ad Al Baghdadi, perché le comunità sciite hanno spedito uomini a combattere sotto bandiera iraniana contro il Califfato in Siria e Iraq.

Secondo il rapporto del Dipartimento di Stato, anche altre minoranze religiose come i cristiani e i Bahai sono a rischio. L’unico luogo di culto cristiano, sottolinea il documento, è compreso nel compound dell’ambasciata italiana. I Bahai invece vivono la fede in clandestinità, dopo una fatwa emessa nel 2007 che considera il culto una blasfemia.