Esteri

Bashar al-Assad minaccia gli Stati Uniti: "Andatevene dalla Siria"

(ansa)
Il presidente siriano intervistato dall'emittente televisiva russa, Russia Today, lancia minacce indirette e dice: "Nel nostro Paese si è sfiorata guerra diretta tra Usa e Russia"
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ISTANBUL – In Siria è stato "evitato per un soffio" lo scontro diretto fra Washington e Mosca. Lo ha detto Bashar al-Assad in un’intervista a “Russia Today”, riferendosi ai pesanti bombardamenti avvenuti ad aprile sul Paese e al clima di tensione internazionale che ne è seguito. Alla tv filo-Cremlino (Damasco oggi è alleata e protetta da Vladimir Putin e le parole del colloquio sono state subito riportate dall’agenzia governativa siriana Sana) il presidente ha detto che la Russia “ha impedito attacchi più massicci da parte dell’Occidente”, dissuadendolo dal lanciare “un devastante attacco aereo in tutto il Paese”.


Assad nell’intervista sostiene di “credere che Damasco abbia quasi vinto la guerra”, nonostante le continue "interferenze" degli Stati Uniti. "I russi hanno annunciato pubblicamente che avrebbero distrutto le basi utilizzate per lanciare i missili e le nostre informazioni - non abbiamo prove, abbiamo solo informazioni e tali informazioni sono credibili - sono che stavano pensando a un attacco massiccio in tutta la Siria. Ma la minaccia dei russi ha spinto l'Occidente ad attaccare su scala molto più piccola".

Il leader di Damasco ha smentito poi la presenza di truppe iraniane in Siria, pur ammettendo quella di ufficiali di Teheran. "Non abbiamo truppe iraniane. Non le abbiamo mai avute e non possiamo nasconderle. Non avremmo problemi ad ammettere la loro presenza. Così come abbiamo invitato i russi, avremmo potuto invitare gli iraniani". Parole che negano le notizie ricorrenti da almeno cinque anni, confermate pure dai media iraniani, sull'uccisione in vari fronti di ufficiali, anche di alto grado, della Repubblica islamica presenti in Siria. Assad ha ammesso però la presenza di ufficiali iraniani i quali, spiega, "lavorano con l'esercito siriano e offrono un aiuto".

Assad non ha quindi escluso che si possa aprire un fronte di guerra nell’est del Paese con le milizie curdo-siriane sostenute dagli Stati Uniti. Sul tavolo – ha spiegato - ci sono due opzioni: una negoziale e una militare. Per ora sono in corso trattative, ha detto, ma in caso di fallimento "libereremo la zona con la forza". Sulla presenza militare degli Stati Uniti ha poi aggiunto: "Faremo questo con o senza gli americani... che comunque devono andarsene. E se ne andranno". Sono ''gli Stati Uniti'' – ha continuato - che ''devono lasciare la Siria''.

Altro capitolo quello riguardante Israele. Sui recenti attacchi aerei attribuiti allo Stato ebraico contro presunte basi iraniane in Siria, il raìs ha detto: "E' una bugia israeliana. Anche nel recente attacco, alcune settimane fa, hanno detto di aver attaccato basi e campi iraniani. Ci sono state decine di martiri siriani e soldati feriti, ma nessun iraniano".

A Mosca arriva il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman per colloqui con il suo omologo russo Sergey Shoygu. L'obiettivo di Israele è ottenere che le forze iraniane siano costrette da Russia e Usa a lasciare la Siria. Da tempo c’è una forte sintonia fra Putin e il premier di Gerusalemme, Benjamin Netanyahu. Mosca è perciò pronta ad ascoltare le richieste israeliane. La velata minaccia è che Israele possa intervenire direttamente contro il regime siriano, con conseguenze imprevedibili sul piano internazionale.

La Turchia, di recente penetrata con le sue truppe nel nord della Siria, dove dopo Afrin intende proseguire l’avanzata verso Manbji combattendo i gruppi curdo-siriani, osserva con attenzione lo sviluppo diplomatico. Il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu, dice gli Usa hanno commesso ''un grave errore'' nel voler collaborare in Siria con lo Ypg, le Unità di protezione del popolo curdo, considerate a Istanbul come “movimenti terroristici” sostenuti dal Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan fondato da Abdullah Ocalan. “Gli Stati Uniti, che sono i nostri alleati – spiega il capo della diplomazia turca - hanno sostenuto un'organizzazione terroristica. Hanno preferito lavorare con quell'organizzazione terroristica in Siria. E' stato un grave errore. E' contraddittorio che un Paese che dice di combattere il terrorismo crei alleanza con un gruppo terroristico''. A Manbji gli Usa hanno una base militare, e la Turchia ha chiesto a Washington di smobilitarla prima del possibile attacco del suo esercito sulla città. L’ambasciatore turco presso gli Stati Uniti, richiamato ad Ankara 15 giorni fa, è ripartito per rientrare a Washington e si prepara a parlarne con l’amministrazione Trump.