Esteri

Gran Bretagna, simpatizzante dell’Isis confessa: piano per colpire il principino George

Su un canale online criptato vicino allo Stato islamico, il 32enne britannico Husnain Rashid avrebbe progettato un attacco terroristico ai danni dell'erede al trono, il primogenito di William e Kate

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"Sì, volevamo colpire il principino George". Husnain Rashid, presunto jihadista affiliato all’Isis, si è dichiarato colpevole nel processo che lo vede alla sbarra per aver progettato di far uccidere il piccolo primogenito di William e Kate. A otto giorni dall’inizio del dibattimento, il 32enne, un britannico di fede islamica residente a Nelson, nel Lancashire, ha presentato alla suprema corte britannica una dichiarazione di colpevolezza, unita alla richiesta di patteggiamento.

Su Rashid pende l’accusa di essere l’ideatore di una chat segreta dello Stato Islamico, in cui invitava i lupi solitari a compiere attacchi contro obiettivi-simbolo della Gran Bretagna. Un canale criptato su Telegram denominato “Mujaheddin solitario”, su cui Rashid, secondo la procuratrice Annabel Darlow, preparava strategie per attacchi terroristici. Compreso un piano finalizzato a colpire il figlio maggiore di William e Kate: il progetto prevedeva che il piccolo erede al trono venisse rapito, o ucciso, all’uscita dall’asilo.
Il principino George, 4 anni, primogenito di William e Kate (ap)
Il piccolo George, che compirà 5 anni a luglio, dallo scorso settembre ha iniziato a frequentare la scuola materna di Thomas's Battersea, a sud di Londra. Sul canale criptato online Rashid aveva pubblicato l'indirizzo esatto dell'asilo, insieme alla foto del principino sovrapposta alle sagome di due jihadisti incappucciati. Con l’invito a colpire la famiglia reale.

Di fronte ai giudici del tribunale di Woolwich Crown Court, a Londra, il supporter del Califfato si era inizialmente proclamato innocente. Oggi però il cambio di strategia. Ora le accuse dovranno essere interamente riformulate, vista la dichiarazione di colpevolezza dell’imputato. La nuova udienza si è conclusa con una richiesta di patteggiamento dell’imputato, che rischia in ogni caso la pena dell’ergastolo.