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Berlino, ecco Watson, la nuova arma informatica contro la corruzione in crescita

Aumentano i casi di mazzette e bustarelle nella capitale tedesca, la procura introduce un software che individua i comportamenti scorretti

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BERLINO. La corruzione? Nelle mappe di Transparency International la situazione peggiore si registra nei continenti più poveri: in Africa, in Asia, in America Latina. Per l’Europa la differenza fra Nord e Sud è forte, e i Paesi mediterranei, Italia in testa, non fanno una gran figura. Ma la Germania, che in queste tabelle compare fra le nazioni più virtuose, merita il primato? Secondo un’inchiesta della Berliner Zeitung, no, quanto meno non lo merita la capitale. Anzi, a Berlino i casi di corruzione sono molti più del previsto.

Il procuratore generale Rüdiger Reiff, capo dell'Ufficio centrale per la lotta alla corruzione, continua ad arrabbiarsi per le carenze del sistema di controlli, che ha permesso casi eclatanti, come quello delle due donne che hanno truffato 500mila euro al sistema sanitario nazionale, con false ricette. O lo scandalo del La.Ge.So., l’ufficio per la salute e gli affari sociali, il cui responsabile, racconta il quotidiano, ha ottenuto una mazzetta di 143 mila euro per chiudere un occhio su un’azienda che costruiva ostelli per rifugiati ma non pagava tasse né contributi. O la vicenda delle patenti di guida vendute da esaminatori compiacenti, o le fatture false per un quarto di milione, presentate da un poliziotto come spese terapeutiche e utilizzate invece per coprire il costo di safari in Sudafrica.

Lo scorso anno il centro anticorruzione ha aperto indagini preliminari su 114 casi. Solo in dodici casi le prove sono state sufficienti per l’incriminazione. Alla fine 14 imputati sono stati condannati, sei sono in prigione senza condizionale. Ma le cifre non dicono molto sull'effettiva estensione del fenomeno. “La corruzione si rileva solo quando si fanno i controlli”, dice Rüdiger Reiff. E se questi sono troppo pochi, la lotta è inefficace. Secondo Jiri Kandeler, presidente dell'Associazione anti-corruzione di Berlino, nei documenti delle inchieste si nota che gli investigatori hanno perso fiducia nel loro lavoro: fa carenze di personale e normative inadeguate, per i corrotti “il rischio di essere scoperti è di fatto inesistente”.

Ora però Reiff ha un nuovo collaboratore, su cui conta per scovare i casi di corruzione: è il software dedicato “Watson”. Il programma analizza grandi quantità di dati e rileva ogni incongruenza che potrebbe nascondere irregolarità: pagamenti sopra la media, versamenti in orari insoliti, eccetera, sulla base di algoritmi che si perfezionano da soli.

Le prime incertezze sono legate alle normative sulla privacy, ma Watson può lavorare anche su dati non individuabili, cioè sulla base di pseudonimi. Resta il problema dei controllori: l’introduzione del software dedicato ha spazzato via un posto di lavoro su quattro. E gli esperti temono che l’intelligenza artificiale applicata ai controlli può fare errori fatali, finendo per screditare anche chi lavora onestamente.