Politica

Bonino: "Nessun accordo col Pd se non cambia linea sui migranti"

Emma Bonino 
L'ex ministra radicale: "Inaccettabile il patto con la Libia Il governo dice di aver fermato gli sbarchi ma ne muoiono di più"
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ROMA - "Il silenzio del governo su questa vergognosa tragedia umana è forse la cosa più dignitosa, un'ammissione di un problema reale". All'indomani della ricostruzione di Repubblica del retroscena del "soccorso conteso" tra Ong e Guardia costiera libica di un gommone naufragato che ha fatto più di 50 vittime, Emma Bonino va dritto per la strada che a marzo al Lingotto la salutò con una standing ovation. Anche a costo di mettere in discussione il progetto di una lista radicale alleata con il Pd alle prossime Politiche. "Di fronte a queste catastrofi non me ne frega proprio niente. Sono mesi che mi sgolo criticando questo accordo inaccettabile con la Libia che ha solo creato un tappo che, per altro, come era ampiamente prevedibile, si è dimostrato non essere neanche a tenuta stagna".

"Spegnete il motore, avete una persona sul lato destro". Ma la motovedetta libica prosegue

Questo vuol dire che una sua interlocuzione con il Pd passerebbe da una richiesta di revisione delle politiche sull'immigrazione?
"Questo è sicuro, ma vorrei dire subito che è tutto in alto mare. Non ci sono i tempi, non ci sono i contenuti della legge, bisogna ridisegnare le circoscrizioni. E poi io non è che abbia grandi rapporti con il Pd. Il segretario parla di liste con il mio nome ma forse avremo un primo incontro lunedì".

E cosa dirà a Renzi?
"Gli dirò quello che ho detto al Lingotto. Non ho certo cambiato posizione, anzi l'ho aggravata. Questi, per usare le odiose parole di alcuni, sono neri ma vorrei segnalare che sono persone. Mi pare evidente che il Pd deve rivedere le sue posizioni in materia di immigrazione. Da mesi dico queste cose ma non ho avuto nessuna risposta. Dal governo vorremmo una rimessa in discussione dell'accordo con la Libia. Non è mai tardi per ripensarci, per riflettere sul fatto che fare un patto con Al Sarraj significa farlo con le milizie, e oltretutto mi pare che i fatti dimostrino che Al Sarraj non controlla neanche le Guardie costiere".

Il governo, però, sembra far prevalere l'aspetto positivo dell'accordo che ha portato ad una diminuzione dei flussi del 30 per cento.
"Questo è inaccettabile. C'è una tragedia umana che si sta consumando sotto i nostri occhi con un comportamento, a dir poco ambiguo, dei libici che noi abbiamo formato e fornito di motovedette sin dai tempi del governo Berlusconi. Credo che ci sia ben poco da essere contenti e sbandierare quel meno 30 per cento negli sbarchi come un successo, quel continuare a dire in giro per l'Europa "siamo bravi" salutato, per altro, con grandi applausi anche da buona parte della stampa, fatte poche attente eccezioni".

L'obiettivo dell'accordo con la Libia era quello: fermare le partenze affidando ai libici un ruolo centrale nel sistema dei soccorsi. Sbagliato?
"Purtroppo i fatti hanno denudato la grande bugia: ne sbarcano di meno perché ne muoiono di più e perché ne rimangono di più nel grande buco nero dei centri di detenzione. Quest'ultimo straziante naufragio, insieme a quello che hanno fatto 26 giovanissime vittime tutte ragazze, contrappone al grande mantra "abbiamo fermato gli sbarchi" quella che è certamente solo la punta dell'iceberg di ciò che non riusciamo a vedere nel mare, nel deserto con le sue tante fosse comuni e nei lager dei centri di detenzione in cui migliaia di persone riescono a stento a sopravvivere tra indicibili violenze, stupri, torture. E qui lasciatemi dire che trovo inaccettabile anche le trionfalistiche dichiarazioni sul fatto che Unhcr tornerà a entrare nei centri di detenzione. Sappiamo tutti bene che, oltre a quelli ufficiali, ce ne sono decine di altri, i più tremendi, in cui è impossibile accedere".

Oggi sono in tanti a dire che forse le Ong sono state allontanate dal Mediterraneo per non avere testimoni scomodi del lavoro "sporco" dei libici.
"È evidente che l'obiettivo era "lontano dagli occhi, lontano dal cuore". Ho fatto l'osservatore in tutto il mondo: quando si toglie l'accesso alle Ong è sempre per nascondere qualcosa. È successo in Kosovo, è successo in Asia. I libici dicono di aver salvato negli ultimi mesi migliaia di persone ma poi di cosa succede veramente a questa gente non importa a nessuno. Chi scappa dalla Libia sa bene cosa lo attende se viene riportato indietro, per questo si buttano dalle motovedette".

Cosa c'è da aspettarsi adesso? Ricomincerà il braccio di ferro con le Ong da una parte e i libici dall'altra?
"Più che questo scontro, più che delle responsabilità e delle modalità di intervento dei libici, credo che questa tragedia debba riaprire la grande questione della gestione del Mediterraneo ".
 
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