Politica

Di Maio, nuova gaffe a Che tempo che fa: "I miei alter ego.."

Luigi Di Maio a "Che tempo che fa" (ansa)
Il candidato premier del M5s usa il termine "alter ego" intendendo probabilmente "omologo". I social nulla perdono e nulla perdonano: così Crozza ha altro materiale su cui lavorare. Ma nasce anche il sospetto che, dopo le prime uscite, Di Maio ne abbia fatto una strategia
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Il giorno dopo il passaggio di Luigi Di Maio a Che tempo che fa, anche le pietre che non lo sapevano hanno imparato che "alter ego" non è sinonimo di "omologo". Un ripasso, sempre utile, gentilmente offerto dalla nuova gaffe del candidato del Movimento 5 Stelle alla presidenza del Consiglio in vista delle prossime elezioni politiche.

Domenica sera "Gigetto", per dirla alla Vincenzo De Luca-Maurizio Crozza, si è sottoposto a una lunga intervista ospite di Fabio Fazio, durante la quale ha toccato diversi temi, dalla rinuncia al confronto con Matteo Renzi su La7 a seguito del crollo del Pd nelle regionali siciliane e nel voto di Ostia alla disponibilità del suo movimento a smuovere dallo stallo la normativa sul biotestamento. Tutto liscio fino a quando si è passati al nuovo viaggio all'estero di Di Maio, che nei prossimi giorni volerà alla volta degli Usa, dove incontrerà esponenti dell'amministrazione Trump e personalità del Congresso.

Di Maio però infila nell'elenco anche esponenti delle ambasciate e suoi "alter ego". E qui casca l'asino. Anche fragorosamente, perché la Rete non dà scampo a nessuno.

È facilmente intuibile come l'aspirante premier a 5 stelle per "alter ego" intendesse "omologhi", ovvero leader politici, parlamentari o oppure detentori di alte cariche istituzionali (Di Maio, è bene ricordarlo, è anche vice presidente della Camera). Parlando di "alter ego di altri paesi", senza volerlo Di Maio ha invece letteralmente fatto riferimento all'alternativa a se stesso, ovvero a coloro i quali potrebbero sostituirlo nelle sue funzioni. È evidente che un "alter ego" di Di Maio non può essere uno speaker della Camera dei Rappresentanti statunitense o il leader di un partito straniero.

In altri tempi tutto sarebbe finito con la divertita, forse sarcastica protesta davanti alla tv dello spettatore più attento e acculturato e un trafiletto sul quotidiano del giorno dopo. Ma questo è il tempo dei social, dove nulla si perde  e nulla si perdona. Così, inevitabilmente, "Gigetto" è tornato nel vortice dello sfottò in cui si era infilato più volte già in passato, trascinato nella gogna digitale dalla poca confidenza con l'uso del congiuntivo e dell'accoppiata storia-geografia (come dimenticare il Pinochet dittatore venezuelano?).
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