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M5s, cresce rimborsopoli: oltre un milione di ammanco. Di Maio: "Fuori l'ex massone Vitiello"

I vertici del Movimento chiedono l'accesso agli atti dopo l'inchiesta andata in onda su "Le Iene" e le anticipazioni di Repubblica sui mancati versamenti al fondo sul microcredito

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ROMA -  Il buco dei rimborsi dei Cinque Stelle non versati realmente nel fondo per il microcredito si allarga e supera il milione di euro. Il calcolo è presto fatto: nella somma totale dei 23 milioni di euro già versati, ci sono infatti anche parte dei soldi dei consiglieri regionali del movimento di Liguria, Veneto, Emilia e Trentino, per un totale di 529mila euro; gli oltre 600mila euro versati dagli europarlamentari; e i soldi di deputati del M5S passati al gruppo misto come Riccardo Nuti e Giulia Di Vita. Tradotto: la forbice della discrepanza tra quanto dichiarato dal Mise e i calcoli dei Cinque Stelle aumenta.

Sul caso in questione Luigi Di Maio commenta: "La notizia, in un Paese normale, è che il Movimento 5 Stelle ha restituito 23,1 milioni di euro di stipendi. Quei soldi hanno fatto partire 7mila imprese e 14mila lavoratori. Non sarà qualche mela marcia a inficiare questa iniziativa che facciamo solo noi e, come sanno gli italiani, da noi le mele marce si puniscono sempre". Tuttavia secondo le prime verifiche fatte dai vertici del M5s sulle restituzioni volontarie effettuate sul conto del microcredito, il "buco" sarebbe quindi più grande del previsto. Per questo motivo il Movimento ha chiesto in via ufficiale al ministero dell'Economia l'accesso agli atti per avere l'elenco dei portavoce che hanno effettuato i versamenti con il totale dell'importo versato nei 5 anni da ognuno di loro. Dallo staff di Di Maio si fa sapere che saranno pubblicati "in chiaro tutti i dati e chi non ha versato verrà espulso".

Sul caso interviene anche il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, che ha lasciato il Movimento un anno e mezzo fa: "L'arma della rendicontazione è stata usata in diversi casi contro chi non aveva una visione allineata con il vertice e in alcuni casi verso chi era uscito dal movimento per motivi diversi. Un modo per dire 'è puro chi restituisce, gli altri non hanno dignità'. È l'epilogo di cose che ho detto più volte: l'onestà si misura non a parole, ma con i fatti".

Il caso dei finti rimborsi - l'ennesimo della campagna elettorale pentastellata - era esploso negli ultimi giorni anticipato da Repubblica. Tanto da arrivare a una minaccia di censura verso la trasmissione de Le Iene che stasera hanno mandato in onda l'anticipazione del servizio incriminato, ma solo sul sito internet, sulla prassi sembra un po' diffusa tra i parlamentari del Movimento di "bluffare" sulle restituzioni dei contributi parlamentari.

E non basta: al termine del servizio si intuisce che la seconda puntata coinvolgerà altri due parlamentari di peso del Movimento, dopo Andrea Cecconi e Carlo Martelli: ovvero Barbara Lezzi e Maurizio Buccarella. D'altra parte la fonte anonima che ha vuotato il sacco con le "Iene", ha spiegato che il numero di eletti coinvolti nella vicenda - con l'abitudine cioè di far finta di versare sul fondo per il microcredito le eccedenza di stipendi e diaria - "tocca la doppia cifra". Lezzi in serata, dopo il servizio delle Iene, ha scritto su Facebook: "Domani mattina andrò in banca per farmi rilasciare la documentazione che accerta che tutti i bonifici che ho effettuato in questi anni non sono stati revocati".


"Tra deputati e senatori siamo ad una doppia cifra, è un partito fatto di furbi e furbastri che tradisce la fiducia dei cittadini", ha detto l'ex militante M5s. L'inchiesta de Le Iene ha già di fatto portato al ritiro dalla campagna elettorale di Cecconi e Martelli, due parlamentari uscenti e quasi certamente rieletti. Secondo l'accusa avrebbero finto di restituire somme per oltre 21mila euro, nel caso di Cecconi, e oltre 76mila nel caso di Martelli. La mancata restituzione, spiega l'ex militante, si concretizza pubblicando sul sito "tirendiconto.it" i bonifici fatti salvo poi revocarli entro 24 ore dalla pubblicazione.

Interpellati il 2 febbraio scorso dall'inviato de Le Iene Filippo Roma, sia Cecconi sia Martelli negano. "Non è vero, ho tutti i bonifici fatti, sono caricati online", spiega Cecconi prima di andar via mentre Martelli prima nega con forza ("A me questa cosa non risulta, questa cosa qua finisce adesso, è una cosa terribile") salvo poi rilevarsi più possibilista: "Farò questa verifica, se è così provvederò a sistemare tutto". A entrambi Le Iene hanno chiesto di contattare il programma dopo la verifica ma nessuno dei due parlamentari, spiega il programma nel servizio, si è fatto sentire.

Cecconi e Martelli, hanno detto di aver firmato un documento di rinuncia alla candidatura, il cosiddetto "modulo Dessì", dal nome del candidato Emanuele Dessì, candidato M5s (in seconda posizione nel collegio plurinominale numero 3 del Lazio), costretto a firmare un atto di rinuncia al seggio dopo un controverso video con un esponente del clan Spada di Ostia e la questione della casa comunale in cui vive pagando 7,7 euro mensili. 
 
Ma esperti giuristi, come l'avvocato Gianluigi Pellegrino, hanno dimostrato come in realtà questo documento di rinuncia all'elezione non abbia alcun effetto legale: "È tecnicamente una boutade da campagna elettorale - ha spiegato in un'intervista a Repubblica - si fa la bella figura dicendo che ci si dimette, senza in realtà nessun effetto, anzi con il seggio garantito".
 
Ai tre nomi prima citati si aggiunge anche Catello Vitiello, in corsa nel collegio Campania 3 e, come riportato dal Mattino di Napoli, risultato iscritto in passato a una loggia massonica. Un'adesione vietata nel Movimento, tant'è che come si è visto Di Maio lo ha fatto fuori. Ma lui ha risposto che la sua esperienza nella loggia massonica "appartiene al passato". Ed è intenzionato dunque ad andare avanti per la sua strada.

Coinvolti nella vicenda dei rimborsi secondo quanto riporta, su Twitter e Youtube, il blogger di Supernovacinquestelle Marco Canestrari, anche il deputato Danilo Toninelli e il senatore Mario Giarrusso. Canestrari evidenzia delle irregolarità nelle rendicontazioni dei bonifici, che riguardano date e importi. Il blogger pubblica un messaggio di Giarrusso in cui il parlamentare dichiara di aver già incaricato i suoi legali di verificare i post di Canestrari. E riguardo a Toninelli avverte: "Ci sono altre rendicontazioni che non tornano: bonifici che hanno cifre molto sospette. C'è molto ancora da controllare 'al centesimo' come ha detto Toninelli. Proprio lui". Il blogger tira in ballo, poi, in un video, anche "parlamentari di peso come Vito Crimi e Carlo Sibilia".
 
C'è anche poi la questione della ripetizione del voto in caso di vittoria nei collegi uninominali. La legge, infatti, prevede che il seggio vacante di un parlamentare eletto in un collegio plurinominale (ovvero con la quota proporzionale) sia "attribuito, nell'ambito del medesimo collegio plurinominale, al candidato primo dei non eletti, secondo l'ordine di presentazione". 

Ma la procedura nei collegi uninominali è radicalmente diversa. "Nel caso in cui un seggio rimanga vacante, si procede ad elezioni suppletive". Insomma, occorrerebbe votare di nuovo. Per l'uninominale Cecconi si presenta per la Camera nel collegio 06 Pesaro, dove in verità ha poche possibilità di essere eletto visto che, secondo le stime di Vassallo pubblicate da Repubblica, il ministro Marco Minniti (Pd) viene dato al 32,88 per cento, Anna Maria Renzoni Bizziccheri (Fi) è al 28,77 per Cecconi è accreditato di un 28,06 per cento. Più consistenti, per Cecconi, le possibilità di essere eletto nel plurinominale: è infatti capolista al collegio Marche 02. Situazione analoga a quella di Carlo Martelli, capolista per il plurinominale al Senato nel collegio Piemonte 02. Più incerta, ma non impossibile, anche la situazione di Dessì: è al secondo posto (prima è Elena Fattori) nel plurinominale del Senato per Lazio 03, un collegio che elegge sette senatori. Nel caso di Vitiello, il suo collegio in Campania non era dei più appetibili per il M5s, con il centrodestra dato in vantaggio.
 
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