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Di Maio chiude a Forza Italia e apre al Pd. Martina: "No a giochetti, non riuscirete a dividerci"

(ansa)
Il leader M5s a "Di Martedì" anticipa quanto dirà a Mattarella: alleanza per il governo con i dem o il Carroccio, veto su Berlusconi. La replica del segretario reggente. E Salvini: "Mai con i dem"
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Il veto del Movimento 5 stelle su Forza Italia di Silvio Berlusconi è ufficiale. Luigi Di Maio - nell'ormai consueto salotto di Giovanni Floris, a Di Martedì, su La 7 - anticipa quanto dirà dopodomani al capo dello Stato. E cioè che la forza politica che guida è pronta, per la prima volta, a fare un'alleanza di governo, ma non con tutti: con Pd e Lega, ma non con Fi. Subito in guardia Maurizio Martina: "Caro Luigi Di Maio, noi non ciprestiamo a questi giochetti - twitta il segretario reggente dem - chi tenta di dividere il Pd non ci riuscirà".

A stretto giro di posta arriva su Facebook la risposta di Matteo Salvini. "A differenza dei 5 Stelle, la Lega esclude qualsiasi alleanza di governo col Pd bocciato dagli italiani", esordisce il leader della Lega. Quindi, la risposta in punta di fioretto a Di Maio: "La coalizione che ha preso più voti è quella di centrodestra e da questa si riparte, dialogando anche con i 5Stelle. Ma senza subire veti o imposizioni". In altre parole, il segretario del Carroccio non acceta il veto su Fi. "Siamo pronti a governare - aggiunge poi Salvini - ma senza escludere di tornare a votare in mancanza di accordi chiari". Minaccia, questa del ritorno alle urne, ventilata anche dal candidato premier grillino.
Il primo interlocutore del M5s, insiste Di Maio a Di Martedì "è sicuramente il Pd con l'attuale segretario e con le persone che in questi anni hanno lavorato bene. Noi non abbiamo mai detto che sono tutti uguali: molti di noi hanno espresso apprezzamenti per l'operato all'Agricoltura di Martina e per Minniti e Franceschini. Il Pd - aggiunge - deve scegliere se continuare a seguire la linea di Renzi che per fare un dispetto a me e al M5s fa un dispetto al Paese".

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I partiti scelti dal candidato premier M5S come possibili interlocutori per un "contratto di governo", quelli che potrebbero dargli il centinaio di voti che gli mancano, sono il Partito democratico o la Lega. Di Maio è disposto a trattare con entrambi, almeno così dice, ma a giudicare dai contatti già partiti con Matteo Salvini e dall'indisponibilità manifestata a più riprese dal Pd, è chiaro che sta già parlando a uno solo di loro. Sta quindi chiedendo al segretario della Lega di abbandonare Silvio Berlusconi e Forza Italia, per far partire insieme un governo giallo-verde, grillo-leghista, in cui Di Maio - con il suo 32,6 per cento - sarebbe il premier, ma di cui il segretario del Carroccio potrebbe essere addirittura il vice, o avere ministeri di peso come Interno e Giustizia.

L'apertura al Pd suona come una mossa di copertura. Se Salvini dirà di sì, i vertici Cinquestelle potranno affermare - anche al loro interno - che la responsabilità è stata dei democratici: dei dinieghi e della chiusura dei loro dirigenti.

Come arma per convincere Salvini, il M5s pensa di poter usare la paura di un ritorno al voto. Spauracchio peraltro agitato anche da Salvini. Al di là delle minacce, nessuno, in Parlamento, vuole un'altra campagna elettorale. Nessun partito potrebbe permettersela, anche dal punto di vista economico. In più, Di Maio e compagni credono di avere dalla loro la campagna, già partita, dei tagli ai costi della politica, di cui si sta occupando in prima istanza il presidente della Camera, Roberto Fico.

Il primo giro di consultazioni si risolverà quindi in un braccio di ferro tra Di Maio e Salvini.
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