Politica

Governo, i dubbi del Pd. Martina: "Parlare con Di Maio? Aspettiamo il Colle". Orlando: "Inutile, M5s e Lega convergono"

Maurizio Martina (ansa)
Il segretario reggente non esclude il dialogo, ma vincola la riflessione interna alle indicazioni che arriveranno da Mattarella. Dopo essersi battuto per rimuovere il dogma renziano della "opposizione", è il leader della minoranza a escludere lo scenario. Su cui insiste invece Sala: "Non esistono verità assolute. E tra i Cinque stelle si sono parcheggiati tanti dei nostri"
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MILANO - Berlusconi seppellisce di insulti il Movimento 5 stelle e apre al Pd, salvo poi fare retromarcia. Al Pd Di Maio, almeno ufficialmente, aveva aperto con la ben nota strategia dei due forni. Del Pd invece non vuol sentire parlare Salvini, che guarda solo ai pentastellati come partner in un esecutivo. Ma il Pd, in questo rimescolamento di carte che precede le mosse del presidente Mattarella della prossima settimana, come vede se stesso? Lo stare all'opposizione sempre e comunque è un dogma renziano scolpito nella pietra o è il caso di rivedere il proprio ruolo osservando l'evoluzione della partita sullo scacchiere?

L'occasione per un confronto interno è un'iniziativa dell'area di minoranza dem a Milano, a cui interviene anche Maurizio Martina. Ed è il segretario reggente a non escludere a priori un dialogo, ma con il Movimento 5 stelle. "Adesso noi dobbiamo fare una cosa: aspettare le indicazioni del presidente Sergio Mattarella e capire quale sarà lo scenario da lunedì. Noi vogliamo essere assolutamente rispettosi di questo passaggio che il presidente sta facendo" dice Martina, tracciando una sorta di roadmap delle riflessioni interne ai dem vincolata ai passaggi istituzionali per la formazione di un governo. Che non esclude, quindi, un rientro del Pd, pesantemente sconfitto alle politiche del 4 marzo, nel discorso "esecutivo" anche attraverso un dialogo con Di Maio. Ma, aggiunge successivamente Martina, arrivando al Salone del Mobile, "quello che abbiamo visto fino a qui da parte dei cosiddetti vincitori è sinceramente uno spettacolo sbagliato. Siamo al 48esimo giorno di stallo, di polemiche veti e controveti. Diciamo che siamo passati da 'prima gli italiani' a 'prima i fatti loro' e questo è inaccettabile per un Paese che ha bisogno di certezze, di serietà e di responsabilità".

Governo, Martina (Pd): "Dialogo con i 5 stelle? Aspettiamo Mattarella"


Uno dei leader della minoranza dem e ministro della Giustizia, Andrea Orlando - a lungo interprete dell'ala dialogante del partito - da Firenze replica: "Mi sembra che oggi il Movimento 5 Stelle stia alacremente lavorando per costruire un asse con la destra, ed è una cosa sulla quale è giusto che anche i molti elettori di centrosinistra che hanno votato per i Cinque stelle riflettano. I loro voti, dati spesso anche come elemento di critica al centrosinistra e al Pd, oggi saranno utilizzati per costruire un rapporto con Salvini". Per Orlando, dunque, all'orizzonte c'è solo la famosa e tanto inseguita saldatura tra Lega e M5s. Forse in questo momento anche il Pd potrebbe fare un passo avanti. Ma, ribatte Orlando, "non si capisce in quale direzione. Onestamente ho sempre ritenuto che il Pd dovesse stare in campo, fare le proprie proposte, cosa che alla fine è avvenuto. Però ora non possiamo essere interessati alla convergenza fra Lega e M5s. E non possiamo esserlo in alcun modo".

E se a decidere sul dialogo con il M5s fossero gli iscritti, con un referendum, come fatto dall'Spd in Germania? "Tutti i modi in cui ci si può confrontare dentro e fuori il partito sono utili - dice Orlando -, compresa l'ipotesi di un congresso. L'importante è che questa discussione non la facciamo soltanto con quelli che sono rimasti ma anche con quelli che se ne sono andati. Non mi riferisco alle sigle politiche, mi riferisco ai milioni di elettori".

La linea torna a Milano, dove il sindaco Giuseppe Sala, invece, ci crede. "Auspico assolutamente il dialogo tra Pd e M5s, partendo dal presupposto che ovviamente su alcuni principi fondamentali bisogna pure intendersi". O meglio, "su quattro quattro o cinque cose fondamentali". Sala passa a elencare: "Come la pensiamo su tasse e pensioni e su cose su cui ci sono differenze profonde? Come il reddito di cittadinanza e il nostro modello di welfare solidale, che porta aiuto a tanti e coinvolge il terzo settore, dove è chiaro che io scelgo il nostro". "Non dico che ci siano distanze incolmabili - insiste il sindaco - ma la saggezza vorrebbe che ogni discussione parta da questo. È difficile - conclude Sala - che ci siano verità assolute e convinzioni assolute, bisogna adattarsi al momento. Quello che stanno facendo gli altri" e non il Pd. E il Pd non dimentichi, è l'ultimo monito di Sala, che "tanti dei Cinque stelle sono dei nostri che oggi sono parcheggiati dall'altra parte".

Ironico, invece, il post che il renziano capogruppo dem al Senato Andrea Marcucci dedica a Di Maio e, indirettamente, a qualsiasi ipotesi di apertura da parte del Pd. "Ormai Di Maio, pur di fare il premier, chiede l'appoggio esterno a tutti, anche a Qui, Quo, Qua. Ma loro, come è noto, vogliono Paperino alla Presidenza del Consiglio. Forse mediazione su Paperon dei Paperoni. Quante revisioni del programma dovrà prevedere Casaleggio per accontentare Di Maio?".
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