Politica

Comunali di giugno, da Vicenza a Ragusa M5s a rischio flop

Al voto 7 milioni di italiani. Vicenza, Siena e Spoleto i casi che fanno più discutere. A Ragusa, Pomezia, Assemini e Quarto i cinquestelle uscenti non si ripresentano. A Messina l'alleanza, inedita sul piano locale, con la Lega

2 minuti di lettura
ROMA - "A parte qualche famoso exploit le amministrative sono sempre state il nostro punto debole - ragiona un parlamentare del M5s - Ma stiamo affrontando il prossimo voto con una superficialità imbarazzante, i vertici non pensano ad altro che alle vicende politiche nazionali e il risultato è prevedibile". Cioè un flop fragoroso per il Movimento. Chissà.

Il 10 giugno più di 7 milioni di cittadini sono chiamati alle urne per le elezioni in 772 comuni, di cui venti capoluoghi di provincia. In diverse città i cinquestelle non si presenteranno nemmeno: Vicenza, Siena e Spoleto sono i casi che fanno discutere di più. Ma ovunque ci sono problemi interni, tra candidatura sconfessate e vecchi meetup in guerra: da Ragusa a Pisa, da Licata a Pomezia. Anche perché le dinamiche nazionali hanno influito e stanno influendo ancora: dalle aspirazioni personali di chi stava sul territorio e ha preso il volo verso Roma al legame che sta nascendo con la Lega.

Ci sono quattro amministrazioni a cinquestelle uscenti: Ragusa, Pomezia, Assemini e Quarto. In nessun caso gli uscenti vengono riconfermati. Nella città siciliana Federico Piccitto sarebbe stato vittima di una specie di congiura da parte di una sua ex assessora ora deputata regionale, in rete si trovano anche degli audio in cui si teorizza il piano per far fuori la parte del Movimento legata a lui.

A Pomezia Fabio Fucci è stato cacciato, voleva ricandidarsi per un secondo mandato e mezzo, non ebbe la deroga dai vertici, lui fece polemica e allora i consiglieri gli staccarono la spina. Comunque andrà avanti da sé, "sarò il Federico Pizzarotti del Lazio", promette.

E poi c'è Quarto, dove il caso della sindaca Rosa Capuozzo due anni fa tenne banco per giorni a livello nazionale. Delle indagini per infiltrazioni della camorra lambirono un consigliere comunale del Movimento, la Casaleggio associati si mostrò molto poco garantista e le impose di dimettersi, lei prima accettò e poi cambiò idea. Ora ci riprova con Italia in Comune, il movimento lanciato dal sindaco di Parma: "Sarà difficilissimo ma non impossibile", dice lei. Aiutata dal fatto che il M5s non si presenterà. 

A Messina invece la Lega sta pensando di appoggiare direttamente il candidato cinquestelle, Gaetano Sciacca. Sarebbe il primo caso di alleanza formale e dichiarata sul piano locale. La bocciatura della lista pentastellata di Vicenza decretata mercoledì scorso dalla Casaleggio, anche quella, è considerata una cortesia al Carroccio. Francesco Di Bartolo non correrà più, non ha mai avuto spiegazioni sulle motivazione della bocciatura arrivata da Milano: "Così è stato tradito il concetto di rete e dialogo con i cittadini che da anni lavorano sul territorio", si lamenta. 

Problemi anche in una zona di caccia contesissima tra una Lega in ascesa e un M5s con il cuore a sinistra, cioè in Toscana. A Siena, laddove Beppe Grillo anni fa promise di fare sfracelli denunciando lo scandalo del Monte dei Paschi - e quindi del sistema di potere Pd - sulla scheda elettorale non ci sarà il simbolo del M5S. La vecchia guarda movimentista era sul piede di guerra da un po', da quando aveva scoperto che uno dei candidati per le Politiche, Leonardo Franci, aveva in tasca la tessera della Lega. Un po' troppo insomma, dopo l'altra candidatura calata dall'altro di Salvatore Caiata, già dirigente del Pdl senese. Stavolta la direzione nazionale del Movimento non ha mai dato risposta o accettazione alla lista inviata a Roma il 21 marzo scorso.

A Pisa invece il sogno di fare come i cugini livornesi, conquistando un feudo rosso, sembra lontano. Lì lo scontro è stato fra un'anima "comunista" e una più moderna del Movimento. Niente voto online, ha deciso direttamente lo staff, scegliendo la seconda opzione con la candidatura di Gabriele Amore. "Hanno avuto ragione le truppe nascenti di capibastone locali che lavorano da tempo per demolire i principi di orizzontalità e trasparenza nel Movimento, umiliando e derubricando la democrazia diretta a strumento di manipolazione. È il nuovo, già vecchio, che avanza", è l'amaro commento della consigliera grillina uscente Elisabetta Zuccaro. 
I commenti dei lettori