Politica

I dem verso l'assemblea. L'appello dei prof cattolici: "Caro Pd, decidi chi sei"

Dall'Aventino al futuro del partito. La lettera dei cattolici democratici: "Fermiamoci: stiamo andiamo in direzione opposta rispetto all'idea dell'Ulivo"

2 minuti di lettura
ROMA - La critica alla tentazione dell'Aventino, all'inerzia che ha accompagnato il Partito democratico dopo la sconfitta alle elezioni del 4 marzo. L'errore di considerare equivalenti centrodestra e 5Stelle. Una comunità stretta tra le velleità macroniane e una sostanziale indecisione circa la propria identità politica. In vista dell'assembela di domani (sabato 19 maggio), e mentre i big del partito tentano una mediazione per giungere all'appuntamento con un accordo che prevederebbe la rinuncia di Matteo Renzi a parlare, 24 intellettuali cattolici lanciano un appello al Pd.

Ecco il testo: "Caro Pd, decide chi sei"
Siamo cattolici democratici che si sono riconosciuti nell’esperienza dell’Ulivo del quale il Pd doveva rappresentare l’approdo. Al netto del giudizio circa il percorso decennale del PD e delle sue varie fasi, la sua sorte non ci è indifferente. In quanto essa non è indifferente per la democrazia e per la sinistra italiana. Il PD è reduce da una sonora, inequivocabile sconfitta. Un’adeguata riflessione critica e autocritica non è neppure iniziata, sia sulle politiche di governo che su una  narrazione e una campagna elettorale distanti dalla sofferenza sociale del paese. Accreditando l’immagine del “partito dell’establishment”.

Non ci hanno convinto: 1) la sostanziale inerzia del PD dentro la crisi politico-istituzionale che si è aperta dopo il voto; 2) la teoria decisamente confutabile secondo la quale gli elettori (compresi quelli del PD?) lo avrebbero consegnato all’opposizione; 3) il giudizio circa gli interlocutori, centrodestra e 5 stelle, certo entrambi distanti e problematici e tuttavia non equivalenti/equidistanti. Non adoperandosi di conseguenza per scongiurare l’asse tra i due, da taluni PD addirittura incredibilmente auspicato; 4) la tesi deresponsabilizzante secondo la quale ci si è rimessi al capo dello Stato, in quanto la Costituzione gli assegna un alto ruolo arbitrale e prescrive semmai ai partiti il dovere di avanzare proposte di soluzione (conosciamo lo scrupolo di Mattarella, un cattolico democratico cui va il nostro più vivo apprezzamento, ma che ha dovuto prendere atto di un vicolo cieco, cui ha contribuito l’immobilismo del PD, stigmatizzato dallo stesso Gentiloni).

Una tale linea di comportamento ci è sembrata in contrasto con lo statuto ideale del PD quale fu concepito nel solco dell’Ulivo: sia perché la pur controversa vocazione maggioritaria di sicuro si dovrebbe tradurre in cultura di governo (l’opposto del minoritarismo e della pregiudiziale e programmatica vocazione oppositiva) e, più ancora, in senso della responsabilità repubblicana (prima il paese e le istituzioni, in subordine i calcoli di partito); sia perché il PD dovrebbe presidiare e semmai concorrere a riorganizzare il campo del centrosinistra oggi diviso e non competitivo, non senza responsabilità dello stesso PD. Un PD nel quale sembrano svanite le culture politiche che lo avevano generato e che dovevano essere rielaborate dentro una nuova, originale sintesi, non rottamate.

Sembra invece che una parte del PD oggi coltivi velleitarie suggestioni macroniane, trascurando la circostanza che l’Italia non è la Francia (specie sotto il profilo istituzionale) e Renzi, reduce da una sequela di sconfitte, non è Macron. In ogni caso, tale prospettiva, pur legittima, rappresenterebbe un oggettivo snaturamento del profilo e del progetto originario del PD, concepito come formazione di centrosinistra nitidamente alternativa al centrodestra, anzi impegnata a razionalizzare un maturo bipolarismo italiano e non a disarticolarlo, interagendo dialetticamente e in competizione con le forze che mostrassero di potere evolvere quali attori di un nuovo centrosinistra. Non è un caso che i padri nobili di Ulivo e PD, cui ora  si aggiungono i suoi più rappresentativi amministratori, si siano espressi in tal senso.
Un chiarimento circa l’identità stessa del PD è doveroso e urgente. L’opposto dell’unanimismo, della dissimulazione delle differenze. Meglio un franco, aperto confronto tra  visioni diverse, pena la rassegnazione a un partito irrisolto e dunque inutile.

I firmatari: Paolo Acanfora, Giovanni Battista Armelloni, Enzo Balboni, Angelo Bertani, Ilario Bertoletti, Tino Bino, Gianni Bottalico, Maria Pia Bozzo, Luciano Caimi, Massimo Calvi, Paolo Corsini, Fulvio De Giorgi, Carlo Dell’Aringa, Guido Formigoni, Marco Ivaldo, Enrico Minelli, Franco Monaco, Luciano Pazzaglia, Savino Pezzotta, Luigi Pizzolato, Filippo Pizzolato, Virginio Rognoni, Marco Roncalli, Giuseppe Tognon, Marco Vergottini
I commenti dei lettori