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Nuovo governo, i poteri di veto del presidente della Repubblica

Il capo dello Stato non è obbligato a far propria la proposta di Di Maio e Salvini. La Costituzione prevede che la scelta del premier sia soltanto sua

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ROMA - Un presidente della Repubblica, in base a poteri che la Costituzione gli assegna, può anche dire no all'indicazione di un premier che arriva dai partiti. Anche quando quel nome viene dalla maggioranza, e perfino dal partito di maggioranza relativa. È già successo. Con il gran rifiuto opposto nel 1953 da Luigi Einaudi, il primo capo dello Stato, alla Dc di De Gasperi. Einaudi infatti scelse un suo uomo, Giuseppe Pella, per  formare il governo, e  senza nemmeno passare attraverso le consultazioni con le forze politiche. Varò così il primo "governo del presidente" nella storia della Repubblica. Ed era stato proprio Sergio Mattarella, il 12 maggio scorso, nel pieno del tormentone per il nuovo governo, a rievocare il clamoroso precedente. Un modo per avvertire i partiti in guerra, e mentre ancora non si era profilata l'intesa fra grillini e leghisti, che si sarebbe avvalso "in pieno" di tutte le prerogative che la Carta gli concede.

A cominciare appunto dall'articolo 92, poche ma esplicite righe: conferiscono solo e soltanto al presidente della Repubblica "la nomina del presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, dei ministri". Un "caso illuminante", come lo ha definito Mattarella, "del potere di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri, nomina per la quale non ritenne di avvalersi delle indicazioni espresse dal principale gruppo parlamentare, quello della Democrazia Cristiana".

Quando Mattarella, dieci giorni fa, lancia il suo duro richiamo e si spinge poi fino ad mettere nel conto un  governo di garanzia, non si è ancora profilata la maggioranza giallo-verde che oggi pomeriggio sale al Quirinale a proporre il nome del premier. Le condizioni politiche sono cambiate. Il che tuttavia non vuol dire che, in punto di diritto, il capo dello Stato è obbligato a far propria la proposta di Di Maio e Salvini e quindi conferirgli l'incarico. La scelta è soltanto sua. E se l'esistenza di una maggioranza e di un premier condiviso spingono, politicamente, verso il sì, restano alla valutazione del capo dello Stato altri "parametri" da rispettare per il futuro premier.

L'articolo 95 della Costituzione in primo luogo, che recita così. "Il presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri". Ovvero, un signor nessuno, senza curriculum, una figura frutto di una mediazione al ribasso e che siede a Palazzo Chigi ma è solo "eterodiretta" dai leader politici, potrebbe anche non superare quell'asticella. 
 
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