Bussole

Rileggere Sartori, un anno dopo. Per ricordare il futuro

Autore di decine di saggi, nel corso della sua attività accademica ha ricevuto otto lauree ad honorem. Fine intellettuale e polemista, il suo motto era: "Il mondo è diventato così complicato che sfugge alla comprensione anche degli esperti"
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ROMA - È passato un anno, da quando Giovanni Sartori ci ha lasciati. Per coloro che si interessano di politica e ne scrivono, parlano, "discutono": un Maestro. "Discusso", perché ha sempre fatto "discutere". Com'è giusto che sia, per chi orienta l'analisi e l'interpretazione di fenomeni alla base della nostra vita pubblica. E, dunque, anche privata. Si aggiunga che Sartori non si è mai tirato indietro, quando si è trattato di affrontare - talora "accendere" - il dibattito sulle questioni politiche, ma anche sociali. Sul tema della cultura civica, della democrazia. Sul ruolo dei media e della televisione. E dell'immigrazione.

Su questi - e altri - argomenti ha scritto testi importanti e significativi. Ma anche molti articoli, molti commenti sul "Corriere della Sera". Dove, per molti anni, è intervenuto con frequenza e regolarità. In modo profondo. Acuto, ma anche acuminato, com'era nel suo temperamento. Da fiorentino doc. Senza ripensamenti e senza riserve. Senza dubbi e senza mezze misure. Così, oggi, un anno dopo la sua "partenza", lo sguardo e la voce di Sartori ci mancano. Personalmente, almeno, "mi" mancano. In particolare, oggi. Perché lo scenario politico generato dal voto dello scorso 4 marzo è davvero complicato: da leggere e da interpretare.

Ed è ancor più difficile immaginare quale futuro ci attenda. Anche perché non ci sono fratture e neppure muri a fornire geometria al sistema politico e ai rapporti fra partiti. Non ci sono partiti anti-sistema, come il Pci e il Msi, ai quali è preclusa la possibilità di partecipare al governo del Paese. Disegnando un "pluralismo polarizzato" che, al centro, vedeva l'unica forza politica legittimata a governare. Da sola oppure scegliendo, di volta in volta, gli alleati. La Democrazia Cristiana, appunto. Ma non c'è neppure il muro di Arcore. Eretto da Silvio Berlusconi, sulle macerie del precedente, il muro di Berlino, per relegare i "soliti noti", i "soliti esclusi", insomma: tutti gli altri, dall'altra parte. Cioè, all'opposizione. Oggi è rimasto il "muretto" del PD(R). Che non è in grado di dividere, ma neppure di unificare, tanto è laterale e poco rilevante.

Quanto alla stessa esistenza dei "partiti anti-sistema", oggi non è più un problema. Semmai, una risorsa. Il M5s lo è. E si dichiara tale con orgoglio. Per vocazione e per programma. Anti-sistema. Contro il sistema della casta. Contro i notabili della politica, della finanza, della burocrazia. È questa, forse, la principale spiegazione dei propri consensi. Il dissenso verso gli "altri". Peraltro, siamo oltre l'homo videns tratteggiato dal Maestro e plasmato da Berlusconi. Al suo posto, è subentrato l'homo digitalis (mi si perdoni l'azzardo linguistico), interpretato e proiettato sulla scena politica da Beppe Grillo e il Movimento 5 stelle.

Per questo sarebbe utile, prima che interessante, interrogare Giovanni Sartori. Oggi. Per capire qualcosa di più. Per misurarsi con le sue categorie, con i suoi modelli. Ma anche per confrontarsi con la sua capacità di leggere, interpretare. E di proporre ri-soluzioni. Sarei davvero curioso di vedere quali idee avanzerebbe. Per il nostro sistema politico e per la nostra democrazia. O meglio, Ideo-crazia, visto che la democrazia, secondo Sartori, ripercorre e propone sempre un'idea. Se non ideo-logia. Probabilmente, come ha suggerito Marco Valbruzzi nei giorni scorsi, sull'Huffington Post, l'unica soluzione prevista e avanzata dal Maestro, sarebbe, anzi, è ricorrere e tornare alle "regole del sistema parlamentare". Alla centralità del Parlamento.

Di certo, interrogare Sartori per conto degli attuali partiti, ma anche di una società che continua a mostrare un preoccupante "deficit di anticorpi della democrazia", sarebbe un compito arduo. Oltre che riduttivo, visto lo spessore della sua lezione. Tuttavia rileggere Sartori sarebbe utile. Oggi più di ieri.  Non solo a studiosi, professori e studenti. Ma anche a chi fa politica per professione. E responsabilità. So bene che può apparire una considerazione velleitaria. Per chi considera la Politica non una Scienza, tanto meno un'Arte. Ma una pratica, da svolgere "per" piuttosto che "con" interesse. Un esercizio di routine.

Eppure, rileggere Sartori, oggi, mi pare importante. Non solo in memoria di un Maestro. Del Maestro. Ma per non perdere il filo della sua lezione. Per comprendere il passato e dare significato al presente. Ma, soprattutto: per ricordare il futuro.