Fuori Giri

I paradossi dell'auto elettrica e l'effetto Cina

1 minuti di lettura
L’auto elettrica è davvero tutta da scoprire. E soprattutto piena di sorprese. Oggi, per esempio, ne parlano tutti, è al centro del mondo automotive con scenari più o meno verosimili intanto, però, le vendite globali sono sotto l’1 per cento (in Italia appena allo 0,2 per cento, poco di più in Europa).
 
E il paradosso non è che se ne parla soltanto. I costruttori, infatti, ci investono anche diversi miliardi perché tutti sono convinti che il futuro sarà a zero emissioni. Stabilire quando è un po’ più complicato così giocano su date e promesse di ogni genere nella certezza però che prima o poi così andrà a finire.
 
In ogni caso, se il giorno in cui questo accadrà si dovesse avvicinare più velocemente del previsto lo si dovrà alla Cina. Primo mercato al mondo per le vendite di automobili (oltre 24 milioni di unità l’anno scorso) ma anche al primo posto per le consegne di elettriche (quasi 800 mila nel 2017 con una crescita del 53 per cento). Ecco, dunque, spiegato (almeno in parte) il motivo per cui l’industria dell’auto europea investe in Cina nei veicoli elettrici sette volte di più che nell’Ue. Nello specifico 21,7 miliardi di euro contro 3,2, stando alle cifre elaborate dalla Ong Transport & Environment (T&E) a partire dagli annunci delle stesse. La maggior parte degli investimenti viene da Volkswagen (joint venture da 10 miliardi con la cinese Anhui Jianghuai), seguita da Daimler e Renault-Nissan.
 
Paradosso spiegato con «l’ambizioso mandato della Cina, che impone ai costruttori automobilistici di produrre veicoli elettrici sul suo territorio, fattore chiave per gli investimenti nei veicoli elettrici, che oggi manca in Europa». Sarà davvero così?