Minima

Tutto fuori, vicoli e piazze sono pieni di tavoli

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Di ritorno da un viaggio attraverso alcune città italiane: le strade, le piazze, i vicoli, i colonnati, i portici si sono riempiti di tavoli, come se l’Italia fosse diventata tutta un bar all’aperto, un immenso ristorante, pizzeria o tavola calda. Ogni minimo spazio che s’apre all’aperto, verso l’esterno dei locali, è ricoperto di sedie e tavolini di differenti forme e dimensioni. Naturalmente d’estate il fenomeno è macroscopico. Ci sono luoghi – la mia città d’origine, ad esempio – dove, dall’anno scorso a oggi, lo spazio impegnato dagli esercizi pubblici è quasi raddoppiato. Non ho fatto misurazioni, ma ne sono certo. Nel portico chiamato Broletto – nome tipico della bassa padana – la distesa dei tavoli è ora enorme. Un’altra persona, ritornata come me a distanza di mesi nella propria città, l’ha trovata invasa di seggiole, sedili, sgabelli. Siamo diventati la Repubblica dei dehors? La parola, d’origine francese, è entrata nella nostra lingua nel 1905 per indicare gli spazi esterni di un locale pubblico. Dappertutto è una distesa di dehors. Spesso sono piccole edicole coperte con pavimentazione di legno e strutture metalliche o di legno, e vetri; costruite per essere temporanee, divengono invece permanenti, oppure vengono smontate a stagione terminata, come accade in questi giorni. I Comuni ricevono un compenso, una sorta d’affitto, per questa occupazione del suolo pubblico. Una delle più straordinarie invenzioni dell’occidente è stata proprio quella dello spazio pubblico: spazio di tutti. L’agorà greca, e poi il mercato romano, quindi la piazza medievale e rinascimentale; abbiamo inventato noi italiani le panchine: circondavano a Firenze i palazzi nobiliari. Oggi molti spazi pubblici sono diventati spazi privati. In modo temporaneo, ovviamente. A tutti fa piacere sedere ai tavolini di un bar all’aperto. È uno delle particolarità dell’Italia, e non solo dell’Italia. Bere un aperitivo, un caffè, pranzare o cenare fuori, sotto la torre campanara, all’ombra di una chiesa, davanti a un antico palazzo, sul selciato di una piazzetta, è una delle cose uniche che il Bel Paese offre ai turisti, a tutti noi, perché tutti siamo turisti. Nel suo recente volume, Il selfie del mondo (Feltrinelli), Marco d’Eramo ha spiegato come oggi il turismo sia diventato più importante dello sport e della pubblicità tanto che “la nostra epoca può essere seriamente definita come “l’età del turismo”, come si è parlato dell’età dell’acciaio o dell’età dell’imperialismo”. Nel 2015, secondo il Wto, i ricavi del turismo internazionale ammontavano a 1522 miliardi di dollari; in Europa l’apporto diretto e indiretto, sempre nel 2015, è stato del 9,4 % del Pil. Tutto questo si vede in Italia. Quest’anno per via del terrorismo che colpisce i paesi esotici, gli stranieri si sono riversati in Italia, e gli italiani sono andati in vacanza scegliendo il proprio paese più che in passato. Poi c’è stato molto caldo e a lungo. Perciò l’invasione dei dehors. Il consumo del suolo pubblico sta raggiungendo il consumo del suolo in generale? C’è un rapporto tra la crescita della cementificazione e l’espansione di tavolini e tavoli nelle città italiane? Forse sì, o forse no. Di fatto a Milano il Comune sta ampliando i marciapiedi del centro. Una meritevole iniziativa che a Roma, sotto le giunte Rutelli e Veltroni, aveva avuto un ruolo importante: meno macchine in giro, meno automobile parcheggiate. La città restituita ai cittadini, ai pedoni, ai ciclisti, o per consegnarla ai dehors? Forse con tutti questi tavoli all’aperto stiamo esagerando.