Passaparola

Le ragazze che eravamo

Scritto da otto donne, ragazze e femministe negli anni Settanta, il libro offre la fotografia di un tempo in cui l'impegno e le lotte portarono a cambiamenti epocali e a ottenere leggi per l'emancipazione e la libertà femminile. Conquiste che hanno reso possibile quanto accade oggi, compreso il discutere di ricatti e molestie
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Se oggi la protesta spazia nel mondo e ovunque  milioni di donne sono pronte a mobilitarsi  contro ogni tipo di prevaricazione e molestia,  può essere utile volgere lo sguardo al passato, e  ripensare al femminismo di quarant'anni fa. Un tempo in cui, al grido di "Il privato è politico" l'impegno e le lotte delle donne riuscirono a imporre cambiamenti importanti e a ottenere nuove leggi per  affermare il diritto  all'autodeterminazione e alla libertà.

Assai stimolante per ricostruire quanto accadde in quegli anni, è "La ragazza che ero, la riconosco", un libro che raccoglie " schegge di autobiografie femministe" firmato da otto ragazze genovesi di allora, oggi donne con una loro esistenza in varie parti del Paese, che raccontano e riflettono sul passato e sul presente. Una raccolta di testimonianze che, affondando nella storia personale e nell'esperienza di ciascuna di loro, riesce ad offrire , grazie alle differenze di classe, istruzione e collocazione, la fotografia di un ambiente e di una città, dal dopoguerra a oggi che, diventa esemplificativa della realtà più generale del Paese. Un insieme di storie particolari che, per varietà e qualità, acquista un significato collettivo utile  e stimolante.

Il libro , a cura della saggista Silvia Neonato, per due anni presidente della Società Italiana delle Letterate e attualmente nel collettivo redazionale di Leggendaria, è firmato da Maria Alacevich, Marta Baiardi, Rossana Cirillo, Maria Pia Conte, Silvia Neonato, Marina Olivari, Giulia Richebuono e Giovanna Sissa. In principio, tutto  era nato come un'occasione di incontri destinati a elaborare una riflessione interna al gruppo, ma poi,  via via che "nelle molte giornate  vissute "da attempate Sherazade", le autrici  hanno potuto parlare tra loro, confrontarsi e ricordare quegli anni " fondanti",  il progetto si è trasformato. Infine è nata l'idea del libro e tutte hanno accettato di scrivere come avevano vissuto e quanto ricordavano di  quel tempo, tanto formidabile da rimanere indelebile. Ed è nata la raccolta di "schegge autobiografiche" che si rivela un valido  contributo ( "una piccola increspatura", è scritto nella prefazione) al grande movimento delle donne, in corso ormai da quasi un secolo.

La ragazza che ero, la riconosco è una lettura che fa bene alla memoria collettiva ma, soprattutto, è una testimonianza preziosa per le ragazze di oggi. Perché se allora le donne hanno combattuto per il progresso, i diritti al lavoro, alla maternità, alla parità salariale e per molti altri obiettivi, "oggi per fortuna", sottolinea Silvia Neonato "si può finalmente discutere di ricatti e molestie sessuali per riavere la libertà di scelta sul nostro corpo e la disponibilità sessuale. Per secoli nessuno ha pensato che ci volesse il consenso delle donne nel campo della sessualità: ora ci è impossibile persino pensare il contrario". 
  
Neonato, qual è il  valore di queste testimonianze?
"Subito, a dire la verità, non abbiamo pensato di scrivere un libro, volevamo solo guardare come eravamo diventate e parlare, cariche di vita vissuta, della nostra esperienza femminista di allora che ci aveva cambiato irreversibilmente. Abbiamo poi deciso di scrivere le nostre testimonianze proprio perché negli anni Settanta non scrivevamo nulla, se non volantini e documenti, invece quel Collettivo femminista genovese nato nel '72 aveva avuto un impatto enorme nelle nostre vite e anche in città. Ci siamo messe ancora una volta a nudo, partendo da noi, desiderose di trovare un filo, ciascuna il suo ma insieme, persuase che possa avere un senso anche oggi, entrare nel solco della rivoluzione delle donne in corso ormai da oltre un secolo.

Ci siamo rimesse a fare autocoscienza, inseguendoci tra diverse regioni perché non tutte stiamo ancora a Genova, trascorrendo week end insieme, ascoltando le altre senza giudicare, cominciando a rileggere via via a voce alta ciò che ciascuna di noi scriveva. Chi ha raccontato del suo essere diventata ginecologa impegnata nell'applicazione della legge sull'aborto, chi della sua relazione con la madre e col proprio essere diventata a sua volta madre, chi del padre partigiano e delle relazioni coi maschi e i militanti della sinistra, chi del corpo che invecchiando fa i conti con la fine della seduzione e addirittura si ammala, chi del '68 e della propria coppia aperta di allora che ha resistito al tempo, chi dei conflitti di classe vissuti fin dall'infanzia.  Sullo sfondo la Genova della nostra educazione sentimentale e politica.

Nell'introduzione Marta Baiardi scrive che abbiamo proceduto come attempate Sherazade raccontandoci le nostre reciproche vicende, ma che non è stato solo un rimestare nel passato: nelle giornate trascorse insieme abbiamo ripensato noi stesse, portato nel gruppo le riflessioni sull'oggi.
 
Il femminismo e le ragazze di oggi.
Il femminismo è tuttora forse l'unico movimento in grado di portare nelle piazze migliaia di persone, compresi i maschi, perché oggi, per esempio le attiviste di "Non una di meno" coinvolgono nelle lotte i loro compagni, pur facendo anche riunioni separatiste. Femministe si proclamano ormai attrici, scrittrici e giornaliste celebri, le ragazze argentine e iraniane lottano per la libertà femminile e l'autodeterminazione, mentre anche le bengalesi o le messicane più povere si battono contro la violenza sulle donne e le africane si sono organizzate contro le mutilazioni sessuali.

Mi pare che i diversi femminismi siano vivaci in ogni zona del pianeta, ciascuno con il proprio linguaggio, la propria storia e a partire dalle caratteristiche dei loro paesi.

In Occidente abbiamo lasciato in eredità alle nuove generazioni di donne (e a qualche uomo) la pratica politica del partire da sé, che viene liberamente rivisitata tanto che oggi gruppi di donne o singole spesso non sono d'accordo su molti argomenti, dalla prostituzione alle nuove tecniche della procreazione assistita.  È normale, siamo tante e con idee diverse, è una ricchezza, soprattutto quando riusciamo a contenere il conflitto senza diventare distruttive.

La nostra generazione di donne occidentali sta  invecchiando e in molte stanno ancora lavorando nelle Case delle donne, nell'editoria, nei gruppi, le più fortunate sono mescolate alle più giovani. E non ci sottraiamo al compito di riflettere su questo passaggio della vita, come abbiamo fatto per la maternità, la menopausa, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, tuttora così difficile per le ragazze: non solo le nostre figlie e nipoti non trovano lavoro, ma si licenziano appena hanno l'ardire di fare un figlio perché siamo ancora al punto in cui le donne sono costrette a scegliere tra lavoro e maternità.
 
Come era vissuto il problema delle molestie sessuali dalle ragazze degli anni Settanta.
Il problema delle molestie sessuali negli anni '70 fu trattato relativamente poco perché avevamo il terribile problema della violenza sessuale.  Negli anni Settanta protestavamo però già contro la pubblicità che offende il corpo delle donne e sperimentammo la gioia di andarcene in giro insieme la notte con la fiera consapevolezza che così i maschi erano meno minacciosi. Rivendicammo addirittura nei cortei politici la libertà di uscire la notte senza essere molestate o violentate. Avevamo chiaro che sul nostro corpo si giocano partite determinanti: siamo state la prima generazione a poter stabilire se e quando fare figli ma abbiamo lottato per eliminare l'aborto clandestino e modificare il diritto di famiglia, perché non ci stava certo bene che soltanto il maschio potesse decidere e usare su di noi e i figli alcuni "mezzi di correzione". Avevamo già ben chiaro - e risultò scandaloso allora - che le più grandi violenze si perpetuano in famiglia: le donne subivano gli aborti clandestini usati come mezzi contraccettivi, venivano pestate dai mariti, molestate fin da piccole dai familiari e senza che questo fosse un problema per la società e la politica.

Dicevamo che il privato è politico proprio per mettere in luce la nostra condizione e per spingere i maschi a interrogarsi sulla propria sessualità. Quando mai la società aveva preso in considerazione il desiderio femminile e l'autodeterminazione rispetto alla maternità? Cominciammo poi a mobilitarci per eliminare il delitto d'onore dal nostro codice penale (avvenne solo nell'81) e per riscrivere la legge contro la violenza sessuale, allora un delitto contro la morale e non contro la persona.

Tutte queste leggi oggi per fortuna ci sono e quindi possiamo finalmente discutere di ricatti sessuali e molestie sessuali per riavere la libertà di scelta sul nostro corpo e la disponibilità sessuale. Per secoli nessuno ha pensato che ci volesse il consenso delle donne nel campo della sessualità: ora ci è impossibile persino pensare il contrario. 

Maria Alacevich, Marta Baiardi, Rossella Cirillo, Maria Pia Conte, Silvia Neonato, Marina Olivari, Giulia Richebuono, Giovanna Sissa

La ragazza che ero, la riconosco

A cura di Silvia Neonato

Iacobelli editore Pagg.249, euro 18