Il Gusto

Copenaghen: nella casa di Kierkegaard lo chef sardo cucina con filosofia

Copenaghen: nella casa di Kierkegaard lo chef sardo cucina con filosofia
Achille Melis, emigrato con grande successo in Danimarca, e il suo locale nato in una delle abitazioni del grande filosofo ottocentesco 
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Il profumo del pane croccante, appena tolto dal forno, è capace di evocare i ricordi più remoti, riportando la memoria alla nostra infanzia. E, in questo caso, anche di riportarci a casa, in Italia. Questo è uno dei motivi per il quale Achille Melis, chef originario di Mogoro (Sardegna), formatosi con Paracucchi e Marchesi, e amante della musica di De Andrè, ogni mattina impasta, inforna e sforna pane e focacce nel suo ristorante a Copenaghen, uno dei più amati nella capitale danese. Non è solo poesia, la sua: è un'interpretazione elegante della cucina italiana, fatta di ricette classiche rivisitate e creative, con una spiccata sensibilità nella preparazione di piatti di carne e pesce. 

È arrivato a Copenaghen nel 1985, quando lì si credeva che cucinare italiano significasse fare la "pasta con il ketchup". Prima aveva un locale a Palau, ma era uno stagionale. "Mia figlia era nata da pochi mesi e decisi di partire per Copenaghen, dove si era trasferito da poco mio fratello - racconta Melis, che preferisce essere definito cuoco anziché chef -, e provare ad avviare qui una mia attività. Dopo una settimana trovai questo locale-appartamento, e lo trasformai nel San Giorgio". In quel momento Melis non sapeva che stava acquistando una delle case in cui visse Soren Kierkegaard, uno dei pensatori più originali dell'intera filosofia ottocentesca e critico efficace del sistema hegeliano. 
Al numero 7 (all'epoca 156A) di Rosenborggade, il filosofo danese abitò fino al 1850: il suo appartamento era la primo piano e, proprio qui, oggi ci si può sedere - 90 posti in tutto su due livelli - a mangiare una cucina che forse neanche lui avrebbe mai immaginato, mentre scriveva "La malattia mortale" e "Esercizio di Cristianesimo". Anzi, forse avrebbe avuto ispirazioni diverse. Fatto sta che, da oltre trent'anni, in questo elegante palazzetto ottocentesco, ogni giorno si respira un inconfondibile profumo di cucina italiana. Si può scegliere un menù degustazione o uno che si alterna in base alla stagionalità, con specialità come l'anatra glassata alla sapa, la quaglia al fumo di fieno, le lumache al pomodoro, basilico e arancio in tempura o la guancia di rana pescatrice con dadolata di melanzane in agrodolce. 
 
"Non riuscivo a decollare e, un giorno, chiamai il Maestro Gualtiero Marchesi. Mi disse una cosa che è stata il mio punto di partenza: 'Achille, un vero cuoco si deve guardare attorno, conoscere bene la materia prima a disposizione e partire'. E questo è stato il mio principio. Dalle patate ai cavolfiori - gli ingredienti più facili da reperire a Copenaghen -, alle sogliole e agli sgombri danesi. Non era facile prima far arrivare alcuni prodotti dall'Italia. Ho costruito il menu tenendo conto degli insegnamenti di Paul Bocuse e della nouvelle cuisine". Da allora, la sua cucina mira soprattutto alla ricerca della cottura perfetta della materia prima, prodotti freschi e di qualità. Molti "made in Italy", e nello specifico di provenienza sarda. Non da meno è la carta dei vini, esposti in teche di legno lungo la parete principale della prima sala, curata dalla sommelier (e cognata) Isabella. 
 La pizza de La Vecchia signora 
 La pizza de La Vecchia signora  
Tempo, mentalità e anima. Questi sono, secondo il padron del San Giorgio, le basi reali che aiutano uno chef: "La semplicità è il punto di arrivo di un lungo percorso, mi diceva sempre Marchesi. Non è quello di partenza. Lo vorrei ricordare ai tanti giovani che oggi pensano molto di più all'apparenza del piatto che alla sua essenza. La nostra è una cucina fatta di attimi". Un viaggio, quello di Achille, che ha proseguito anche grazie a Olimpia, sua moglie, che si è rimboccata il cuore e lo ha seguito, aprendo poi La Vecchia Signora. A pochi passi dalla casa di Kierkegaard è lei, con i figli, a gestire un altro locale, diventato una delle migliori pizzerie (con tanti riconoscimenti) di Copenaghen. "Non è stato facile portare un'altra cultura del cibo e del mangiare, una cucina davvero italiana. Qui erano abituati ad altre cose, abbiamo ricominciato da capo. Tra mille difficoltà: nel '93 non c'erano forni a legna nei locali e non sono stati pochi i problemi con i vigili del fuoco e gli spazzacamini. Ma la nostra pizza doveva essere cotta con forno a legna".