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Il carciofo della discordia: per il Rabbinato di Israele quello "alla giudia" non è kosher

Il carciofo della discordia: per il Rabbinato di Israele quello "alla giudia" non è kosher
Per il supremo organo religioso, il classico piatto della cucina ebraica-romanesca non è compatibile con le regole alimentari. Insorge la comunità romana. Seguici anche su Facebook
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Proibito o no? Intorno al carciofo alla giudia, una leccornia fra i simboli della più antica gastronomia ebraico-romana, nel pieno della Pasqua ebraica è in atto una disputa sulla liceità dal punto di vista delle regole alimentari religiose ebraiche. Secondo il quotidiano Haaretz, il rabbinato israeliano ritiene il carciofo nella sua versione alla giudia non 'kosher', quindi proibito, e ne vuole vietare la preparazione in Israele, dove non sono pochi i ristoranti kosher che lo elencano nel menù. Per fonti della comunità ebraica romana invece la 'guerra del carciofo' adombrata dal quotidiano semplicemente "non esiste", perché la specificità del piatto ebraico-romano evita qualsiasi rischio di impurità.

Il punto in questione è che nei carciofi potrebbero essere presenti piccoli vermi o parassiti che rendono la pianta erbacea 'proibita' in base alle rigide regole della 'kasherut', ovvero  l'idoneità di un cibo a essere consumato dal popolo ebraico secondo le regole alimentari della religione ebraica. "Il cuore del carciofo - ha spiegato al quotidiano israeliano rabbi Yitzhak Arazi, capo della divisione importazione del Rabbinato centrale - è pieno di vermi e non c'è modo di pulirlo. Non può essere kosher. Non è la nostra politica, questa è la legge religiosa ebraica".
Una via d'uscita possibile sarebbe quella di spaccare il carciofo in quattro, rendendo così più facile il controllo del cuore. Ma questo - è l'obiezione - impedirebbe la tradizionale preparazione del carciofo alla giudia. Ora, scrive Haaretz, alcuni membri della comunità ebraica di Milano hanno chiesto ad un ristorante kosher del luogo - presente anche a Roma - di toglierlo dal proprio menù, in modo da essere sicuri. Ogni pianta è "infestabile", spiegano fonti della comunità ebraica romana, ma ci sono quelle più a rischio e quelle meno. La liceità del carciofo alla giudia "nasce da due peculiarità: il prodotto e la maniera di pulirlo. Gli ebrei romani hanno entrambe queste caratteristiche".
La prima riguarda il fatto che per fare il vero carciofo alla giudia occorre la varietà detta 'romanesca', che ha una corolla stretta tale da impedire l'ingresso e l'annidarsi dei vermi. La seconda è il modo di pulirlo, che da sempre è lo stesso: prima si tolgono le foglie più dure, poi si mette il carciofo a bagno nell'acqua limonata e dopo lo si immerge nell'olio caldo per renderlo croccante. "Gli ebrei romani - sottolineano le stesse fonti - sanno benissimo quali scegliere e come prepararli". I carciofi in Israele, insistono a Roma, sono di qualità differente e trattati in maniera molto diversa da quella nostrana.Quello che inoltre nella comunità ebraica romana si esclude è che ci sia "una guerra in corso tra i due rabbinati" visto che si sta parlando "di prodotti e di modalità di preparazione molto differenti".
Ad ogni modo, al carciofo alla giudia qui a Roma nessuno è disposto a rinunciare: in un recente video di saluti alla comunità per la Pasqua ebraica - periodo d'elezione per il carciofo romanesco preparato alla giudia - da parte del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e del presidente degli ebrei romani, Ruth Dureghello, si vedono entrambi intenti a pulire i carciofi e prepararli per il piatto tradizionale famoso ormai in tutto il mondo. E Di Segni di cucina kosher se ne intende. 

Nel marzo del 2010 uscì un libro scritto dal rabbino capo della comunità ebraica romana dal titolo "Beteavon, buon appetito. Incontro di culture e ricette della cucina ebraico-romana".
Il testo, che affronta anche il tema della fusione fra culture, contiene una guida alle regole alimentari della cucina kosher e ben 53 ricette in linea con le regole religiose, grandi piatti di antica tradizione: spaghetti cacio e pepe, pollo con peperoni alla romana, filetti di baccalà fritti, aliciotti con l'indivia, la concia. E l'immancabile carciofo alla giudia. "Il volume - spiegava Di Segni - insegna i piaceri della tavola, dove la gastronomia rappresenta il simbolo culturale di un popolo, ma anche lo strumento di dialogo con la cittadinanza e le altre regioni. Siamo il popolo dei carciofi non solo della Shoah".