Mondo Solidale

Cooperazione: il budget oscuro, tra aiuti allo sviluppo e contrasto all'immigrazione

Una nuova analisi di Openpolis e Oxfam fotografa l’impegno italiano sull'uso delle risorse destinate agli interventi nei Paesi poveri e alla lotta alla povertà. Una quota crescente delle risorse rimane nei Paesi ricchi, dove viene usata per gestire l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Questa quota sta letteralmente esplodendo
 

3 minuti di lettura
ROMA - Parla di "opacità" nell'uso delle risorse destinate alla Cooperazione, alle emergenze umanitarie e allo sviluppo dei Paesi poveri, il rapporto lanciato oggi da Openpolis e Oxfam,  che rappresenta un primo canale di approfondimento su questi temi. Il rapporto contiene aggiornamenti su aspetti come il raggiungimento degli obiettivi internazionali e l’uso dei fondi, analizzati attraverso i dati ufficiali. L’obiettivo è contribuire al dibattito pubblico fondati su contenuti analitici, corredati da notizie, grafici e infografiche, spunti di riflessione e newsletter tematiche. L'obiettivo è quello di chiedere conto a Istituzioni e alle autorità di riferimento degli impegni e dei risultati ottenuti.

Ma cos'è che andiamo finanziando? Negli ultimi anni, molti dei Paesi europei - Italia inclusa - dichiarano di aumentare le risorse destinate alla Cooperazione allo sviluppo. In effetti, le cifre rendicontate registrano un aumento costante. Ma cosa finanziano effettivamente queste risorse? Raggiungono i Paesi più poveri o no? Parte da qui, la fotografia scattata da Il budget oscuro tra cooperazione e migrazione, seconda edizione di Cooperazione Italia, il lavoro di analisi, realizzato da Openpolis e Oxfam, che fa i conti dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo italiano (Aps), incrociando in questa edizione un altro capitolo della spesa pubblica, quello per l’emergenza migranti, come viene definito nel Documento di Economia e Finanze (def) del 2017 “Un trasferimento di risorse e mezzi in Paesi e aree ancora in difficoltà”, così la Cooperazione allo sviluppo continua a essere raccontata ufficialmente. Da alcuni anni, tuttavia, una quota crescente di Aps rimane nei Paesi ricchi, dove viene usata per gestire l’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo. Questa quota di aiuto sta letteralmente esplodendo, ragione per cui i fondi sulla carta destinati a promuovere lo sviluppo di Paesi poveri, in realtà rimangono in Italia.
 
L’impossibilità di vederci chiaro su due budget contigui. In questo esercizio di trasparenza sui conti pubblici è stato necessario incrociare due capitoli della spesa pubblica apparentemente distinti, entrambi in crescita costante negli ultimi anni. Da un lato, le risorse Aps, composte da una quota sempre maggiore di risorse per l’accoglienza dei rifugiati. Dall’altro lato, le stime fornite nel Def 2017 per la gestione dell’intero fenomeno migratorio, comprensivo di richiedenti asilo e rifugiati, e di tutti gli altri migranti. I due consuntivi di spesa hanno in comune la voce “accoglienza” e dovrebbe essere possibile metterli in relazione. “Si tratta di una partita di 6,6 miliardi di euro nell’ultimo anno, rispetto ai quali è necessario essere trasparenti, fornendo dati leggibili per avere un quadro chiaro e rigoroso sulla classificazione delle risorse impegnate - ha detto Francesco Petrelli, consigliere politico di Oxfam Italia - ad esempio: se è giustificabile che una parte delle risorse, sulla carta destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo, vengono invece dirottate su attività umanitarie, come il salvataggio in mare, non è affatto corretto che quelle stesse risorse vengano spese per l’accoglienza o l’integrazione dei migranti, che è invece giusto gravino su altri capitoli del bilancio statale”.
 

L’aiuto gonfiato: le risorse che non vanno alla Cooperazione. Nel 2016, il volume dell’Aps mondiale ha superato 154 miliardi di euro, con un aumento del 5% rispetto all’anno precedente (+33% rispetto al 2011). Rispetto al 2015 l’Italia ha incrementato del 13% le risorse e nel 2016 arriva a destinare all’Aps 4 miliardi e 476 milioni di euro. Con l’esplosione dei costi per i rifugiati, aumentano però in modo considerevole i soldi che rimangono nei Paesi donatori, tra cui l’Italia, mentre diminuisce costantemente la quota di risorse che raggiunge i Paesi più poveri (least developed countries - ldcs). I fondi degli Stati dell'Unione Europea destinati ai Paesi ldcs passano da 9,7 miliardi di euro del 2011 a 8,5 miliardi nel 2016. I fondi italiani per i Paesi ldcs diminuiscono del 71%. Negli stessi anni i fondi dei paesi Ue non destinati geograficamente – voce di bilancio composta in gran parte dai costi per l’accoglienza dei rifugiati – passano da 9,2 miliardi di euro del 2011 a 20,8 miliardi di euro nel 2016. Nel nostro Paese l’impegno per la voce rifugiati è aumentato del 63,4% solo nell’ultimo anno, passando dai 960 milioni di euro del 2015 a 1 miliardo e 570 milioni del 2016. Nel 2015, costituiva il 24,3% dell’Aps totale, per arrivare al 35% nel 2016.
 
Le richieste al Goiverno. “Chiediamo al Governo italiano - ha aggiunto Francesco Petrelli - un graduale azzeramento delle risorse etichettabili come 'aiuto gonfiato', cioè costituito da risorse che non finanziano progetti di Cooperazione in senso stretto, oppure che non sono realmente addizionali. Questo tipo di aiuto mina i criteri di efficacia degli interventi e limita i possibili successi nella lotta alla povertà.  È necessario che l’Aps italiano - ha detto ancora Petrelli - non solo cresca quantitativamente, confermando nella nuova legislatura il rispetto degli impegni a breve e lungo termine, con l'obiettivo di raggiungere lo 0,7% del rapporto (Aps/Rnl: Aiuto Pubblico allo Sviluppo-Reddito Nazionale Lordo) entro il 2030; ma sia progressivamente composto solo di aiuto autentico. Già nel corso del 2018 - ha concluso il senior policy  advisor di Oxfam - raccomandiamo il riferimento alle nuove regole stabilite dal comitato sviluppo dell’OCSE e chiediamo una maggiore trasparenza nella rendicontazione degli aiuti, soprattutto dopo che la recente adesione dell'Italia all’Indice internazionale di trasparenza degli aiuti (IATI)".
 
Il fondo Africa. Il fondo Africa dotato per il 2017 di 200 milioni di euro, rappresenta una vicenda emblematica per la contiguità stabilita ufficialmente tra Cooperazione, controllo delle frontiere e aspetti militari, Di questi, sono stati rendicontati solo 143 milioni di euro e comprendono anche interventi militari. Il Niger riceve il 48% di queste risorse, seguito dalla Libia a cui va il 29%. Tra gli interventi in apparenza di tipo militare si segnalano i 12 milioni di euro destinati alla Tunisia per la manutenzione di motovedette, rimpatri celeri e formazione di polizia di frontiera.