Mondo Solidale

Cooperazione, aiuti stagnanti in un mondo in emergenza

Presentati i primi dati sull’APS (Aiuto Pubblico allo Sviluppo) del 2017. L’aiuto globale dei paesi OCSE registra infatti una lieve diminuzione dallo 0,32% del 2016 allo 0,31% del 2017 sul reddito nazionale lordo, a fronte di un piccolo aumento in termini reali da 145 a 146,6 miliardi di dollari

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ROMA - Come ogni anno, il Comitato Sviluppo dell’OCSE, l’organizzazione dei 29 tra i principali paesi donatori, ha presentato i primi dati sull’APS (Aiuto Pubblico allo Sviluppo) del 2017. Sin dal titolo con cui i risultati vengono presentati è evidente lo stato delle cose: “aiuto allo sviluppo stabile, ma più risorse ai paesi più poveri”. L’aiuto globale dei paesi OCSE registra infatti una lieve diminuzione dallo 0,32% del 2016 allo 0,31% del 2017 sul reddito nazionale lordo, a fronte di un piccolo aumento in termini reali da 145 a 146,6 miliardi di dollari.

Un piccolo calo con effetti su milioni di persone. Lo 0,1% potrebbe sembrare un dato marginale, ma dobbiamo sapere che anche un piccolo decremento può incidere concretamente sulla vita di milioni di persone. Ad esempio l’equivalente della riduzione prevista può tagliare fuori 10 milioni di persone dall’ accesso alla sanità di base. C’è poi il rischio di un ritardo rispetto alla tabella di marcia verso il raggiungimento della promessa storica del 1970 dello 0,70% di aiuti, oggi rinnovata come uno degli obiettivi principali nell’ Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

L’aspetto positivo è nella direzione degli aiuti. Che vanno in misura maggiore ai paesi meno sviluppati, vale a dire: i 47 paesi agli ultimi posti di ogni classifica ONU di sviluppo. Qui abbiamo un più 4% per 26 miliardi dollari, verso l’Africa e verso la regione sub-sahariana. Dopo anni di declino, si registra un piccolo aumento, soprattutto attraverso l’aiuto bilaterale a dono. Si tratta di 29 miliardi di euro verso l’intero continente e di 25 milioni verso una delle zone di maggiore crisi del pianeta quale l’area sub-sahariana. Questi dati, seppur positivi, ci dicono comunque quanto lontani siamo da un’azione efficace verso l’Africa, in grado di intervenire sulle cause strutturali per dare stabilità, mitigare le crisi, governare il fenomeno dei flussi migratori che pure dovrebbero essere in cima all’agenda dei membri europei dell’Unione che fanno parte dell’OCSE.

I costi per i rifugiati. La voce dei costi dei rifugiati nel paese donatore a livello globale diminuiscono del 13,6% sul 2016, dopo anni di impetuoso aumento: più 28% nel periodo caldo 2015-2017. Questo capitolo che devia, almeno in parte, risorse agli obiettivi dello sviluppo e della lotta alla povertà, decresce per due ragioni. La forte diminuzione degli arrivi, tra il 2016 e il 2017 che passa sa 1,2 milioni di persone a 650.000. Il blocco delle rotte migratorie, realizzato attraverso discutibili e contestati accordi con paesi terzi come quello Europa-Turchia o con la Libia.           

La distanza fra risorse disponibili e bisogni umanitari. L’aiuto umanitario aumenta del 6% per far fronte all’intensificarsi delle crisi che si consumano nel mondo. Da rilevare però che la distanza fra disponibilità di risorse e bisogni umanitari risulta essere superiore al 50%. Secondo dati ONU nel 2018, 128 milioni di persone avranno necessità di protezione e assistenza umanitaria e la metà di essi rischia di non averla per mancanza di risorse. In questo quadro l’APS italiano segna un dato che vede confermala tendenza degli ultimi anni, con un aumento del dato quantitativo, che consente al nostro paese di raggiungere lo 0,29% di APS, passando da 5.077 a 5.734 milioni di dollari, con un più 10% rispetto al 2016. La tendenza a un aumento quantitativo è significativa, ma non vanno trascuranti alcuni elementi critici che rischiano di limitarne gli impatti positivi.

La scusa per gonfiare risorse che poi restano in Italia. Il primo è costituito dalla rilevanza dei costi dei rifugiati, che aumenta relativamente da 1.665 milioni di dollari a 1.803 anche se decrescono percentualmente solo di poco più di un punto percentuale dal 32,7% del totale APS al 31,4%. Tutto questo a fronte - anche per l’Italia - di una forte diminuzione degli arrivi che si sono ridotti 180.000 nel 2016 a meno di 120.00 nel 2017, in diminuzione del 34%. Proteggere persone che fuggono da guerre e persecuzioni rimane un obbligo morale e una azione di aiuto umanitario essenziale. Accogliere e salvare vite non deve costituire un pretesto per gonfiare l’aiuto pubblico con risorse che rimangono in Italia e che competono al bilancio e all’ impegno di altri ministeri.

Fondo Africa: una contraddizione con i principi di efficienza. Sul piano della destinazione si registra un decremento verso i paesi LDC in controtendenza con il dato generale, mentre è significativo l’aumento di risorse destinate al continente africano che passano da 337 milioni di dollari del 2016 a 406 milioni del 2017, con un aumento del 17%. Bisogna considerare che questo aumento è sicuramente in relazione con l’istituzione nella legge di bilancio del 2016 del “Fondo Africa”, finanziato con 200 milioni di euro nel primo anno, ammontare che nelle previsioni triennali della legge di bilancio, scende drasticamente a 30 milioni nel 2018 e 50 nel 2019. Si rileva in questa mancata costanza e prevedibilità nelle allocazioni del Fondo Africa una contraddizione con i principi internazionali dell’efficacia dello sviluppo che raccomandano la programmazione di risorse certe costanti per ottenere risultati di rilievo degli interventi di sviluppo nel medio periodo. Auspichiamo che il nuovo parlamento e il nuovo governo continuino sulla strada intrapresa dell’aumento degli aiuti, ponendo una sempre maggiore attenzione alla loro coerenza, qualità ed efficacia.  

* Francesco Petrelli, policy advisor Oxfam Italia