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Amnesty, “il barometro dell’odio”: ecco come la politica ha usato i social per mandare messaggi di razzismo e violenza

Stando ai dati raccolti nelle tre settimane precedenti le votazioni del 4 marzo, sono stati 287 i post segnalati come offensivi e discriminatori: Lega e Forza Italia i partiti con le dichiarazioni più violente

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ROMA – Parole d’odio, frasi razziste, discriminanti o violente: in clima di campagna elettorale non sono mancate. E i social sono stati il primo veicolo di ‘distribuzione’ usato da politici e partiti per dargli risonanza. Tra una fake news e una ‘crociata mediatica’, i giorni che hanno preceduto l’apertura delle urne non hanno mancato di regalare motteggi e slogan spesso e volentieri offensivi o inneggianti alla violenza.

Conta fino a 10. Di fronte alla deriva presa dal linguaggio mediatico, dove aumenta lo spazio dato alle parole ‘d’odio, Amnesty International Italia ha intrapreso la campagna “Conta fino a 10”. L'iniziativa è volta a sensibilizzare l'opinione pubblica sull’uso del linguaggio: sugli effetti delle parole aggressive e su come una società possa esser modificata anche attraverso l’uso di termini inclusivi e al rispettosi. “Alcune forze politiche – afferma Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia - si sono servite di stereotipi e incitazioni all’odio per fare propri diffusi sentimenti populisti, identitari e xenofobi, promuovendo la diffusione di un linguaggio incendiario, divisivo, che discrimina anziché promuovere l’eguaglianza, che pensa che minoranze e gruppi vulnerabili siano una minaccia e che i diritti non spettino a tutti”.

IL RAPPORTO

Un insulto ogni ora. I numeri analizzati da 600 volontari negli ultimi 23 giorni di campagna elettorale parlano chiaro: sono 287 le segnalazioni di offese, insulti o messaggi razzisti. Praticamente la media è stata di un insulto ogni ora. Autori di questi post sui social sono 129 candidati, di questi 77 poi eletti: il 43,5% delle dichiarazioni segnalate provengono dai leader politici, il 50% da candidati parlamentari e il 6,5% da candidati alla presidenza delle Regioni Lazio e Lombardia. “Durante la campagna elettorale- continua Rufini -  la retorica dominante del “noi contro loro” è stata affiancata dalla narrativa divisiva del “loro contro di noi” e sempre più spesso dall’odio di italiani contro altri italiani che si occupano di migranti, secondo il pericolo schema “noi contro voi che aiutate loro”.



La destra dell’odio.  Andando a guardare i partiti che in larga parte hanno usato l’hate speech per cavalcare il malcontento popolare e portare voti al suo mulino, si evidenzia che la maggior parte dei post insultanti, xenofobi e razzisti arrivano dalla Lega Nord. Il partito di estrema destra è stato infatti l’artefice di più della metà dei contenuti social ‘d’odio’. A seguire Fratelli d’Italia con il 27%, Forza Italia al 13%, il 4% di Casa Pound, il 3% de L’Italia agli Italiani e l’2% del Movimento 5 Stelle.

Tutta colpa degli immigrati. Vittima preferita dei messaggi d’odio sono i migranti e il tema dell’immigrazione. Il del 91% dei post pubblicati sui social dai politici e insultanti riguardano in larga parte islamofobia, razzismo e discriminazione religiosa. Per identificare i migranti, le parole più usate sono state: clandestini, profughi, irregolari, ma anche bestie e vermi. Non sono mancati poi insulti con al centro donne e la comunità Lgbt.


Dall’odio alle menzogne. Spesso e volentieri, per fomentare l’odio sono stati usate notizie false. Gli attivisti hanno segnalato che il 32% delle segnalazioni veicola fake news e dati alterati mentre il 37% è difficile determinazione poiché legati a dati, news o dichiarazioni difficilmente verificabili. “Fa impressione – conclude Rufini - rilevare che così tante persone che competevano per un ruolo istituzionale abbiano fatto ricorso a un discorso palesemente discriminatorio e d’odio durante la campagna elettorale. Il rischio che abbiamo di fronte è la normalizzazione dell’odio”.