Nepal, a tre anni dal terremoto emerge la grande forza di un popolo che non si arrende mai
Se c’è un Paese che è una metafora vivente della resilienza, parola oggi tanto in voga, questo paese è il Nepal. A tre anni esatti dal tremendo terremoto che lo ha devastato, la terra che ha dato i natali al Budda, stretta tra la Cina a nord e l’India al sud, con un territorio che costudisce alcuni tra i sentieri più belli al mondo, si risolleva dalle macerie mostrando ancora una volta una capacità di resistenza e una tempra non comuni. Sintesi perfetta di un popolo che non si è mai arreso. Non lo ha fatto dopo dieci anni di guerra civile che ha causato migliaia di vittime (nel 2005 si calcolavano quasi 13mila morti) e non lo ha fatto dopo che il principe ereditario Dipendra nel 2001 ha sterminato a colpi di arma da fuoco tutta la famiglia reale durante una riunione a Katmandu. E i nepalesi non si sono arresi neanche quando il terremoto del 25 aprile 2015 ha messo in ginocchio il paese uccidendo quasi 9mila persone e ferendone oltre 22mila. Il sisma ha danneggiato 745 monumenti storici in 20 distretti. Tra questi, 133 sono andati distrutti mentre i restanti hanno riportato danni parziali. Più di novecento sono stati i monasteri danneggiati e migliaia le case distrutte. Una ricostruzione difficile e lenta per la quale il governo ha stimato costi per circa 9 miliardi di dollari.