Mondo Solidale

Congo, continua il massacro dei civili nel Nord Kivu

Mentre l'Onu prolunga la sua missione nel Paese in vista del voto di dicembre. Il 13 aprile avrà luogo la conferenza dei donatori a Ginevra

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ROMA - Un massacro continuo, uno schema che si ripete e che si abbatte sui villaggi più inermi della Repubblica Democratica del Congo (RDC) totalmente destabilizzata. Questo il quadro della crisi nel Paese dell’Africa centrale, raccontato da molti operatori umanitari che si trovano nella zona, che ormai sembra a un punto di non ritorno. Le incursioni dei gruppi islamisti colpiscono la popolazione civile indiscriminatamente. Quindici sono le vittime accertate dell’ultimo attacco nella cittadina di Beni, nella provincia del Nord Kivu, nell'estremità nordorientale del Paese, quasi al confine con l'Uganda, una delle 26 province della RDC, con la città di Goma come capoluogo.

Le vere ragioni di una guerra. I cosiddetti ribelli delle “Forze democratiche alleate” (Adf) scorrazzano anche qui, cosi come succede nella regione del Kasai, al confine con l'Angola, e si abbattono con tutta la loro furia sulle comunità locali, uccidendo e compiendo razzie, servendosi di armi rudimentali e volendo far somigliare tutto questo a una lotta per chissà quale ideale, mentre in realtà le vere ragioni hanno a che fare molto di più con argomenti che che si chiamano diamanti, coltan, rame e terreni fertili. Tutto in un quadro generale di analfabetismo, ignoranza diffusa e povertà estrema.

Gli scontri tra ribelli e forze armate della Rdc. Per tentare di frenare l’azione degli islamisti che si contrappongono al governo, Kinshasa ha schierato truppe militari nell’area. Secondo il portavoce dell'esercito, Mak Hazukay le forze armate hanno lanciato la scorsa settimana un attacco ai gruppi, prendendo di mira soprattutto le roccaforti dell'Adf nel parco nazionale Virunga, al confine con l'Uganda, respingendole. Proprio a causa dell’instabilità sul terreno, a metà marzo le Nazioni Unite non solo hanno approvato la risoluzione che prolunga la missione di peacekeeping, ma l’hanno potenziata sottolineando la necessità di proteggere i civili sino alle elezioni del 23 dicembre 2018. Per l’occasione saranno schierati oltre 16 mila militari, incaricati anche di monitorare l'iscrizione degli elettori, lo scrutinio e la transizione politica prevista per il 12 gennaio.

Civili a rischio, rapito un sacerdote. Il contingente Onu, dunque, fornirà una  fondamentale assistenza tecnica e logistica a sostegno dello svolgimento regolare delle elezioni, occupandosi anche di formare la polizia congolese, in vista del voto.  Ma resta centrale l’obiettivo di proteggere la popolazione e frenare l’avanzata dei gruppi armti. Nessuno è al sicuro, neanche i sacerdoti, vittime di sequestri, come nel caso di Celestin Ngango, prelevato vicino alla sua parrocchia di Karambi dopo la messa di Pasqua. Un altro sacerdote, Robert Masinda, era stato rapito, sempre nel Nord Kivu, il 22 gennaio, assieme a cinque operatori umanitari, per poi essere rilasciato due giorni dopo.

Prospettive della Conferenza di Ginevra del 13 aprile. Le Nazioni Unite hanno anche promosso insieme all’Unione europea  una conferenze dei donatori a Ginevra, il prossimo 13 aprile, per finanziare le operazioni umanitarie nella Repubblica Democratica del Congo. La prospettiva è di raccogliere 1,7 miliardi di dollari, la cifra più alta mai richiesta per il Paese, dove oltre 10 milioni di persone hanno bisogno di assistenza e aiuti.