Mondo Solidale

Ultim'ora

Iraq, bombardata base militare, un morto e otto feriti

Migrazioni, Bruxelles: impronte digitali prese con la forza anche ai bimbi di 6 anni

Ventidue Ong e l’intergruppo dell’Europarlamento per i diritti dei bambini chiedono che sia tolto dal testo di riforma del database di Schengen, l’uso di mezzi coercitivi per obbligare i migranti più piccoli a registrare i propri dati biometrici. “La giustificazione che serva a proteggerli dal traffico è fuorviante”

3 minuti di lettura
ROMA - Usare la forza sui bambini può minare il loro sviluppo psicofisico e quindi mezzi coercitivi non devono essere adottati, neanche in casi eccezionali, quando i minori stranieri entrati in Europa rifiutano di registrare le proprie impronte digitali: è l’appello che un gruppo di 22 organizzazioni internazionali e Ong - tra cui Unicef, Unhcr, Oim e Save the Children - ha rivolto alle istituzioni che stanno lavorando alla riforma di Eurodac, ovvero il database europeo che raccoglie i dati biometrici dei richiedenti asilo o che sono entrati irregolarmente nel territorio comunitario.

Un'intenzione fuorviante. “L’affermazione che ottenere dati biometrici con la forza sia necessario per proteggere i bambini da sfruttamento o traffico clandestino è fuorviante”, affermano le organizzazioni in riferimento al testo del regolamento in discussione, che ammette la possibilità dell’uso della forza, anche se “come ultima ricorsa” e “in casi eccezionali”. L’appello è stato rilanciato nei giorni scorsi dall’Intergruppo del Parlamento Europeo sui Diritti dei Bambini: “Ho inviato una lettera ai rappresentanti di Parlamento, Consiglio europeo e Commissione che stanno negoziando la versione finale del testo per chiedere loro di esentare i bambini, in quanto gruppo vulnerabile, da tutte le forme di coercizione per ottenere le loro impronte digitali”, spiega Anna Maria Corazza, europarlamentare svedese di origine italiana che presiede l’Intergruppo.

Le ragioni dei bambini scomparsi. La riforma in esame intende rendere più efficiente il sistema di Dublino, ovvero la normativa che impone che i migranti chiedano asilo nello stato di primo approdo. Anche se per i minorenni non accompagnati il regolamento prevede che siano trasferiti nello stato in cui risiede un parente che possa occuparsene, spesso i ragazzini che approdano in Italia e sono diretti in nord Europa si rifiutano di lasciarle e fuggono dai centri di prima accoglienza, scomparendo dai radar delle istituzioni. Diverse sono le loro ragioni, chiarisce uno studio dell’Unicef: “La mancanza di fiducia nella possibilità di riunificazione familiare sotto il regolamento di Dublino, la paura che gli venga impedito di raggiungere le loro destinazioni finali e i tempi lunghi delle procedure per l’esame delle loro domande”.  Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali italiano ha dichiarato che il 62 per cento dei bambini arrivati tra gennaio e maggio 2015 risultano scomparsi. Delle 97117 persone che risultano scomparse secondo il sistema di registrazione SIS II (Schengen Information System) nel 2016, 65370 sono bambini.

Coercizione su minori, la situazione in Italia. Al momento in Italia, avvocati e Ong che hanno raccolto esperienze di migranti, “hanno parlato di casi conclusi con episodi di costrizioni e minacce sulle possibilità conseguenze negative che possono derivare dal rifiuto di dare le proprie impronte digitali - afferma l’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione Europea nel suo ultimo rapporto “Under watchful eyes: biometrics, EU IT systems and fundamental rights” - questo vale sia per i bambini accompagnati che non accompagnati”.

Abbassamento età, dai 14 ai 6 anni. Il nuovo testo prevede anche l’abbassamento da 14 a 6 dell’età in cui diventa obbligatorio rilasciare le impronte digitali. “Su questo come intergruppo siamo molto favorevoli - afferma Corazza - il fatto che le forze dell’ordine posseggano i dati biometrici dei minori non accompagnati e che quindi sappiano della loro presenza sul territorio europeo li protegge dai trafficanti, ma è fondamentale che il processo di registrazione avvenga nel rispetto della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia”. “Noi chiediamo che i dati vengano raccolti con il coinvolgimento e la mediazione di organizzazioni non governative che sappiano parlare ai bambini”, spiega l’europarlamentare.

Manconi: "Tutte le misure contro il traffico sono state vane". Di diversa opinione Luigi Manconi, già presidente della Commissione diritti umani del Senato: “Tutti i meccanismi attivati finora non sono stati in grado di evitare quel traffico, che non si arresta certo con abbassamento l’età perché si tratta frequentemente di minori la cui età non è riconoscibile”. Per l’ex parlamentare se il testo del regolamento comunitario fosse approvato così come è violerebbe la Costituzione: “Quel tipo di identificazione richiede una forma di privazione libertà personale che non può avvenire senza un ordine della magistratura”. “E’ In gioco l’inviolabilità del corpo umano”, aggiunge.

L’iter legislativo e gli altri rischi. Dopo un primo esame da parte del Parlamento Europeo e del Consiglio europeo, la proposta  per la riforma di Eurodac è oggi negoziata all’interno del “Trilogo”, ovvero un comitato di conciliazione formato dai rappresentanti delle tre istituzioni comunitarie - Parlamento, Consiglio e Commissione - che discutono a porte chiuse. La bozza approvata dal Trilogo sarà sottoposta all’approvazione del Consiglio e del Parlamento senza possibilità di ulteriori modifiche. Yasha Maccanico, ricercatore dell’Ong Statewatch evidenzia che, se la possibilità dell’uso di mezzi coercitivi su bambini rimane una misura chiave come è stato fino ad adesso, gli Stati membri saranno obbligati a introdurre sanzioni amministrative per la non registrazioni dei dati biometrici.

Dati messi in relazione in modo improprio. Altro rischio è, per Maccanico, la prospettiva di questo sistema, ovvero “l’unificazione delle banche dati dei paesi europei per collegare i database su asilo e immigrazione con quelli di polizia”. “Una piena interoperabilità tra i database metterebbe in relazione, in modo improprio, i dati personali non soltanto di chi è condannato - anche solo per un reato minore – ma anche di chi è meramente sospettato o indagato, con i dati personali di chi sta richiedendo asilo” spiega Francesca Galli, esperta in legislazione antiterrorismo e Jean Monnet Fellow all’European University Institute. “Questo - prosegue Galli - potrebbe mettere in discussione la presunzione di innocenza ed equiparare in modo ingiustificato chi richiede asilo e chi commette un reato”.