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Messico, “Nella battaglia contro Donald Trump i migranti hanno già vinto”

Il sacerdote messicano Alejandro Solalinde che difende i diritti delle persone migranti centroamericane. E' l’antitesi della cadenza nichilistica della politica migratoria del “il nord geopolitico”

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CITTA' DEL MESSICO - Incontrare Padre Alejandro Solalinde, candidato nel 2017 al Nobel per la pace, durante l’uragano mediatico internazionale causato dalla questione migranti, è come aprire la porta verso una visione del futuro differente. Infatti, questo sacerdote messicano è l’antitesi della cadenza nichilistica a cui troppo spesso tende la politica migratoria di quello che lui stesso chiama “il nord geopolitico”. Alejandro Solalinde è un uomo la cui “vocazione” alla libertà gli ha permesso di non seppellire speranze e desideri cadendo ostaggio della paura. Guidato dalla missione di accompagnare chi come lui non teme questo viaggio sconfinato per terre ostili, chi sfida la fitta trama di leggi e proibizioni che costruiscono le frontiere, nel 2007 Padre Solalinde fonda a Ixtepec, nello stato dell’Oaxaca (sudovest del Messico), il rifugio per migranti in transito Hermanos en el Camino, che ogni anno ospita all’incirca 20 mila centroamericani in viaggio.

Le rivelazioni di un missionario. Padre Solalinde decide di raccontare per la prima volta la sua vita grazie alla penna della giornalista Karla Maria Gutierrez nel libro “Rivelazioni di un missionario: la mia vita itinerante” edito da Harper e Collins. Nel frattempo, la tolleranza zero annunciata da Donald Trump nella sua campagna elettorale si è incarnata nel pianto dei bambini centroamericani registrato in un video che ha scandalizzato l’opinione pubblica internazionale. Negli ultimi due mesi circa 2000 bambini centroamericani provenienti soprattutto dal Salvador, Honduras e Guatemala, sono stati separati dai loro genitori. Sei bambini e bambine su dieci che vivono in povertà o estrema povertà in centroamerica rischia di entrare nel mercato della tratta di persone, di assistere all’assassinato di uno dei suoi genitori o familiari, o, nell’ipotesi migliore di finire in un istituto del governo dove vivono in condizioni detentive.

"Un sistema economico che sta per crollare". “Decidere di emigrare è scommettere sulla vita e sul futuro. Purtroppo ad oggi la conseguenza è la criminalizzazione di questa scelta, visto l’atteggiamento persecutorio delle istituzioni nei confronti dei migranti”, afferma Padre Solalinde, che, durante molti anni ha vissuto minacciato di morte dei cartelli del narcotraffico, collusi con le autorità, come los Zetas; per questo motivo il padre ha vissuto un tempo sotto scorta. “Durante gli anni di Felipe Calderón e della guerra ai narcos, vari cartelli tra cui gli Zetas si recapitalizzarono attraverso il mercato del sequestro dei migranti. Nel 2009 La Commissione Nazionale dei diritti Umani denuncia 10 000 sequestri massivi di migranti in solo sei mesi, con un guadagno di 25 milioni di dollari”. Oggi, davanti alle scene trasmesse in tutto il mondo che ricordano lo scontro tra Davide e Golia, Solalinde dice: “Questi bambini dal futuro incerto hanno vinto Donald Trump. Io credo fermamente che questo sistema economico e sociale sia insostenibile, sta per crollare. Donald Trump passerà, i migranti no. Gli USA e tutto il Nord geopolitico devono assumersi la responsabilità di un piano regionale di sviluppo, insieme ai governi centroamericani e al governo messicano”.

L'atavico contrasto capitalismo-migrazioni. Mentre parla Alejandro Solalinde capovolge l’impostazione della questione e descrive il flusso migratorio non come un problema da risolvere ma come una risorsa, costruendo uno scenario fatto di sentimenti diversi. La funzione di queste grandi figure paradigmatiche è proprio quella di aiutarci ad uscire dalla spirale disumanizzante: “Il capitalismo da sempre si scontra con i migranti, perché la migrazione è un fattore incontrollabile, autonomo. Non lo fermano i muri, né le leggi e tantomeno la xenofobia. La migrazione è la conseguenza di un atteggiamento del nord geopolitico, che ha generato la perdita delle condizioni minime di vita nel Sud. Notiamo bene: Donald Trump è un magnate. Ma sono proprio questi agenti del capitale, cosi li chiamo io, le prime vittime del sistema. Sono persone malate, dipendenti dal denaro e dal potere, che hanno perso la fede. Sono atei pratici, i primi ad essere danneggiati dal neoliberalismo. I migranti ne sono l’antitesi: i migranti credono per davvero. I migranti non si difendono, vanno in cammino, hanno un senso comunitario, non si afferrano alle cose, usano, non possiedono”.

"Qui la società civile accoglie". Accompagnare chi decide – troppo spesso per poter sopravvivere – a lasciare la propria terra significa mettersi dalla parte di chi sceglie di mettere in discussione la legge per fondarne un’altra, fondamentalmente creativa, desiderante, libera e proprio per questo inaccettabile. “La differenza che vedo tra il Messico e gli Stati Uniti o l’Europa sta nell’atteggiamento della società civile. Qui i migranti non sono malvisti: è un prestigio aiutarli, ed io come altri difensori dei diritti umani ci sentiamo appoggiati dall’opinione pubblica. Il vero problema è L’istituto Nazionale di Migrazione, pagato dagli USA per trattare in modo disumano i migranti".

"Basta con le detenzioni arbitrarie". "La nostra Legge migratoria è buona - aggiunge Solailinde - è il regolamento della legge che permette all’Istituto di migrazione di detenere le persone e di allearsi con il crimine organizzato. In Messico c’è un gran iato tra la postura della società civile e quella del governo rispetto alle persone migranti”, afferma il padre, aperto sostenitore del candidato presidenziale Manuel Lopez Obrador. “Quello che spero con questo nuovo governo di Manuel Lopez Obrador, è che l’istituto si trasformi in una mera entità amministrativa, e che si occupi esclusivamente delle questioni burocratiche. Basta alle detenzioni arbitrarie, alle carceri per migranti, e alle deportazioni che offendono i nostri fratelli centroamericani”.