Mondo Solidale

Pubblicità, per premio il Termosifone Arrugginito alla peggiore campagna di fundraising dell'anno

Ed Sheeran protagonista dello spot vincitore del 2017. Il trofeo assegnato in Norvegia. Anche la pubblicità del non profit può essere scorretta o addirittura ingannevole. E in Italia? Il dibattito è ufficialmente aperto: AOI e Link 2007 sono entrate nell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria
 

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MILANO - Il periodo natalizio è il più affollato di campagne pubblicitarie del non profit. Proprio in dicembre, dal 2013, l’organizzazione non profit norvegese Radi Aid assegna il “Rusty Radiator” (termosifone arrugginito) alla peggior campagna di fundraising dell’anno. Nel 2017 la gogna è toccata addirittura alla star Ed Sheeran, protagonista della campagna contro la povertà della Ong britannica Comic Relief.

Il video che ha meritato il premio. Nel filmato, siamo in Liberia, il celebre cantautore inglese prima denuncia la situazione di tanti ragazzi poveri costretti a dormire per strada, poi incontra uno di loro e decide infine di finanziare una casa di accoglienza. Per loro, lieto fine, ma per tutti gli altri nella stessa situazione, Sheeran chiede aiuto al pubblico. Ecco la motivazione della giuria di Radi Aid: “Questo è più che altro uno spot per Ed Sheeran. Il video mostra più che altro la star che si carica da solo tutto il peso del problema, invece di chiamare all’azione il pubblico per risolverlo insieme…e poi, Sheeran pagherà per sempre la casa a quei ragazzi? Atteggiamento irresponsabile”.

Anche in Italia è aperto il dibattito. Si raccomanda e ci si impegna per non sfruttare immagini scioccanti, né il ricordo a facili stereotipi. In Italia, dove sono diffuse forme di ironia diverse da quelle anglosassoni, qualcosa sta accadendo. Repubblica Tv ne ha parlato qualche mese fa con un rappresentante delle Ong italiane. Oggi dunque AOI e Link 2007, le due reti più rappresentative delle Ong italiane, sono entrate nello IAP, l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, e hanno fatto inserire nel Codice di autodisciplina un nuovo articolo (il 46), dedicato agli appelli al pubblico nella comunicazione sociale. L’articolo vieta di sfruttare indebitamente la miseria umana nuocendo alla dignità della persona e di ricorrere a richiami scioccanti; di colpevolizzare chi non vuole aderire all’appello; di sovrastimare il valore del contributo richiesto; infine, di rivolgersi ai minori chiedendo offerte.

Le immagini forti per suscitare pietà. Sono queste le prime ad accendere il dibattito. Soprattutto grandi Ong internazionali come Save The Children sono state accusate di non rispettare la dignità umana (e la privacy). Dice Nino Santomartino, referente di AOI per la comunicazione: “Le campagne che ritraggono bambini di impressionante magrezza, gravemente malati o addirittura moribondi, in situazioni di estrema sofferenza o degrado, non sono solo lesive della dignità umana, ma sono stereotipi da anni ’60. Sempre bambini, sempre africani o presunti tali, sempre soccorsi da bianchi. L’Africa non è questo, non solo, non più. Oltretutto le immagini scioccanti servono solo al momento, nel lungo periodo non danno risultati. Si tende a rimuoverle dalla memoria”.

Un caso sottoposto al Giurì (ma assolto): Operation Smile. Fino ad ora il Giurì della pubblicità (l’organo giudicante dello IAP) ha condannato solo una volta una pubblicità sociale, piuttosto limitata (la campagna stampa dell’Associazione CCSVI nella Sclerosi Multipla), ma riceve ogni anno decine di segnalazioni. Più interessante la “assoluzione” della Fondazione Operation Smile, onlus che cura bambini affetti da malformazioni della bocca e del palato con interventi gratuiti di chirurgia plastica. Il video segnalato allo IAP trasmetteva immagini di bambini con problemi alla bocca, piuttosto crude, ma il Giurì non l’ha censurato perché ha ritenuto che la pubblicità abbia sì “raggiunto il limite di ammissibilità per la crudezza delle ultime immagini…ma non l’abbia superato alla luce della sensibilità più diffusa nel tempo attuale e nella nostra società”.

Adozioni a distanza: sovrastimare il valore del contributo richiesto. Ai limiti dell’ingannevole stanno le campagne sull’adozione a distanza che promettono di garantire un futuro a un bambino con “un caffè al giorno” o simili. “Come si può far credere che con qualche decina di euro al mese si possano soddisfare tutte le necessità di un bambino fino all’età adulta, sia pure in un paese povero?” commenta Cinzia Giudici di Link 2007. “E poi troppe campagne mettono in primo piano il singolo bambino, ignorando la comunità in cui vive e la situazione, anche politica, del suo Paese”.

Positività e un tocco d’ironia sono le nuove frontiere. Se il non profit comunica per stereotipi è anche un po’ colpa dei professionisti della pubblicità, ai quali si chiede di portare idee nuove: è soprattutto questo il senso della presenza delle ong nell’Istituto di autodisciplina. “Stiamo cercando di mettere in circolo nuovi spunti creativi per il sociale, che faranno bene anche alle agenzie di pubblicità” spiega Alberto Contri, grande esperto di comunicazione e presidente della Fondazione Pubblicità Progresso. “Facciamo corsi alle onlus, organizziamo ogni anno il Festival della comunicazione sociale, premiamo i giovani talenti delle scuole e dell’università. Passi avanti sono stati fatti: nei messaggi più attuali c’è positività, leggerezza e un tocco d’ironia, che sembrano funzionare meglio del pietismo”.  

L’obiettivo del messaggio è ottenere sostegno. Far sorridere non deve però mettere in secondo piano l’appello a sostenere la causa. Un esempio interessante sono due spot, entrambi con protagonista Checco Zalone, della Onlus Famiglie SMA, che combatte l’atrofia muscolare spinale. Entrambi sono incredibilmente “lievi” e fanno sorridere anche in un contesto molto problematico, grazie alla bravura del comico pugliese. Il primo, del 2016, era molto divertente, ma trascurava di invitare il pubblico alla solidarietà. Il secondo, del 2017, ha corretto egregiamente il tiro e comunica chiaramente l’appello a donare, pur con un sorriso.