Cannes 2018

Jean-Luc Godard, al Festival in un cellulare: "Il mio cinema riflette su ciò che non accade"

Il regista, 87 anni, in concorso con 'Le livre d’image', ha scelto di parlare tramite un collegamento video FaceTime dalla sua casa in Svizzera: "Ho accettato l'invito a portare qui il mio film perché può aiutare la promozione. Vorrei che lo vedessero i giovani e non solo i sopravvissuti alla mia generazione”

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“A questa età ho difficoltà a vivere la mia vita, ma ho ancora il coraggio di immaginarla”. Colpisce al cuore lo slancio del maestro del cinema francese Jean-Luc Godard, che torna in concorso a Cannes 71 (dove nel 2014 vinto il premio della giura con Adieu au langage) con Le livre d’image, un film che un'opera visuale, un rimando continuo tra suono e immagini. “Volevo che suono e immagini dialogassero”. Il regista, 87 anni, ha deciso di parlare ai giornalisti riuniti alla rassegna francese attraverso un telefonino: un collegamento video dalla Svizzera con FaceTime nella sala stampa affollata, una fila di giornalisti che man mano si avvicinavano al microfono e ponevano le domande di fronte al cineasta. "È un po' come essere davanti a un mitragliatore", ha commentato l'esponente della Nouvelle Vague francese. Rispondendo anche in russo e giapponese. “Ho accettato l'invito di Fremaux (il delegato generale del festival, ndr) a portare il mio film in concorso perché può aiutare la promozione internazionale. Vorrei che lo vedessero anche i giovani e non solo i sopravvissuti alla mia generazione”.

(afp)

Non-racconto. Il mio cinema è una riflessione su ciò che non accade e quindi non è raccontato nella cronaca. Perché è fin troppo facile fare i film su fatti che accadono”.

Sul mondo arabo. Una delle costole del film è il mondo arabo. "Il mio non è un film politico, è più un romanzo. Più che la politica, mi interessano i fatti. Il mio obiettivo è mostrare come gli arabi per vivere non abbiano bisogno di nessun altro: hanno inventato la scrittura e molte altre cose Possiedono il petrolio, molto più del necessario. Possono vivere da soli, possiamo lasciarli a fare i loro affari, finché non fanno del male. Ma certo il mio è un film, non è pensato per dettare una linea, solo per mostrare una situazione”.

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Sull'assenza degli attori (dai suoi film). "Come le democrazie moderne contribuiscono ai totalitarismi, così oggi molti attori - sottolinea - contribuiscono al totalitarismo dell'immagine filmata contro quella pensata".

Viva la Russia. "Verso questo Paese sono riconoscente. Intanto è il solo Paese che ha fatto la rivoluzione e questo non è una cosa da poco. Certo non posso parlare di Vladimir Putin che non conosco come non conosco Macron o la Merkel, ma c'è qualcosa nella Russia che mi tocca molto. Dostoevskij diceva che bisogna sempre essere misericordiosi e io posso dire che lo sono verso questo Paese".

(ansa)

Cinema è montaggio. "Sì, è vero, non amo più fare riprese, la cosa più importante resta per me oggi il montaggio che, secondo me, viene prima del girato che sono in realtà al vera post produzione". "Il fine è quello di separare il suono dall'immagine, mentre il colore per me resta qualcosa di affine alla parola".

Cinema Catalogna. Nel film c'è anche un piccolo riferimento alla Catalogna. “Perché considero il cinema come una piccola Catalogna, che ha difficoltà ad esistere. Film come il mio potranno essere proiettati solo in piccole sale d'avanguardia. Ma saranno occasioni importanti, che spingeranno le persone a riflettere”.

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Il futuro. A chi gli chiede se avrà la forza di fare ancora cinema risponde”. "Penso di sì, continuerò, dipende solo dalle mie gambe, dai miei occhi, dal coraggio di vivere la vita, ma soprattutto dal coraggio di immaginare. Quello che non devono mai smettere di fare i giovani".